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Temi globali

Poco più di 20 milioni di euro i fondi assegnati al Ministero della Difesa per il 2010

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Documento allegato:Nota aggiuntiva allo stato di previsione per l'anno 2010

 

fonte: Redazione

 

 

 

L'oro dei pazzi

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Il prestito del Poyais ancora oggi resta il solo prestito di un paese immaginario collocato sul mercato azionario di Londra. 

 

Tutto cominicò nel 1821 quando il cacicco di Poyais, un piccolo territorio al confine dell’attuale Nicaragua, giunse a Londra.  Nella City riuscì a collocare 600000 sterline di prestito poayesiano, con un dividendo del 6 per cento, grazie alla collaborazione di Sir John Perring, l’ex sindaco di Londra.  Il successo fu straordinario e  le obbligazioni salirono sul mercato oltre il prezzo di collocamento. Ma quando nel 1823 duecento colonizzatori furono spediti verso la capitale del Poyais, invece di trovare una ricca città, soffrirono la fame ed il freddo e molti morirono. Solo cinquanta colonizzatori, alla fine, riuscirono a tornare in Gran Bretagna, ma il cacicco era fuggito in Francia con la sua famiglia, portando con sé i proventi delle obbligazioni.
Nel marzo del 1822 fu pubblicato un prospetto che si riferiva alle risorse illimitate della Colombia e alle ricchezze delle miniere e furono stampati certificati di obbligazioni con interessi pari ad oltre il 7 per cento, così altri stati latino – americani si affrettano a sfruttare l’occasione. I prestiti ebbero un successo immediato e il valore delle obbligazioni in pochi mesi era salito di un quarto dando un profitto di più del 150 per cento per gli acquirenti di scrip, ovvero,  alla sottoscrizione. Gli interessi erano così alti che le obbligazioni sudamericane dovettero essere contrattate a Parigi per aggirare la legge londinese contro l’usura, che aveva come limite il tasso del 5 per cento. Di tutto questo denaro, una grande percentuale fu trattenuta dai mediatori britannici per pagare i dividendi mentre i proventi di collocazioni successive di prestiti furono utilizzati per ripianare i debiti precedenti. Questo sistema, simile a quello ideato da Ponzi, diede l’illusione della vitalità ma in realtà non fu mai restituito denaro dal Sud America per onorare i prestiti.
I promotori delle società sudamericane raccontavano di storie frutto di fantasia e di avidità, infatti parlavano di pepite d’oro che pesavano tra sette etti e sette chili, totalmente trascurate, dichiaravano che le miniere delle società avrebbero fruttato molto più denaro necessario per mantenere il mondo intero.  Tutti credevano a queste storie e la Gran Bretagna diventava sempre più ricca, cresceva inesorabilmente sotto il peso di aspettative di ricchezze irreali.
Ma, il titolo più importante di quelli coinvolti nella mania mineraria, il Real del Monte nel gennaio del 1825 crollò da 1550 sterline a meno di 200, la crisi, ora era alle porte. La Banca d’Inghilterra rischiò il fallimento e per tutto il paese si cominciò ad accettare solo l’oro e nonostante le favole sudamericane non c’è n’era da coprire neanche le necessità basilari. Anche le borse dei paesi sudamericani crollarono e questo portò ad un peggioramento  dei rapporti tra le nazioni in via di sviluppo e l’Occidente,  cosa che perdura ancora oggi.
L’oro in quel periodo ha reso folli le persone, di questi giorni vi è la notizia di un ritrovamento in Afghanistan di ingenti miniere auree. Cosa succederà? Saremo pazzi, più pazzi di prima? O useremo un briciolo di razionalità e non ci faremò condizionare da un’eventuale euforia? Concludo con la descrizione di un ciclo di borsa di S.J. Loyd, partorito dopo la crisi del 1825: “ Prima lo troviamo in uno stato di quiete, -  successivo miglioramento, - crescente fiducia, - prosperità, - eccitazione, - eccesso di scambi, - convulsioni, - pressione, - stagnazione, - angoscia, - che si risolve alla fine in quiete.” Questo è quello che succederà.

 

di Antonio Simeone

 

 

L'ANALISI - Continuiamo ad essere dei conquistadores

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Crediamo che i politici dei paesi emergenti siano dei pazzi. 
 

Ma non è così, infatti quando la crisi finanziaria colpi l’Asia nella fine degli anni ’90 le politiche di quei paesi furono l’opposto di quelle adottate dagli Usa nei periodi di forte recessione, infatti, per inverso, si aumentavano i tassi di interesse, piuttosto che diminuirli cercando di alimentare una probabile ripresa. I vari politici conoscevano le varie teorie macroeconomiche di Keynes per fronteggiare la crisi ma non potevano attuarle perché non erano loro a decidere il da farsi ma il Fondo Monetario Internazionale, che consigliò all’economie di questi paesi misure fortemente antipopolari, contro la crescita, aumentando le tasse e alzando i tassi di interesse. Il tracollo fu inevitabile. Il Fondo Monetario Internazionale si aspettava in questo modo che gli investitori esteri avrebbero lasciato i mezzi monetari nei paesi asiatici ma questo non successe e la crisi fece piazza pulita dei sogni di prosperità del popolo asiatico.
Nel settembre del 1997 il primo ministro Malese, uno dei cento leader più significativi al mondo nel settore della tecnologia, a detta del “Time”, notando le continue crisi valutarie delle economie dei paesi vicini, si lasciò andare ad una forte critica nei confronti del supercapitalismo occidentale affermando che:” Quando gli speculatori occidentali utilizzano i loro grandi fondi e il loro massiccio peso per far scendere e salire le azioni a loro piacimento e ottengono immensi profitti da altre manipolazioni,  allora è troppo aspettarsi che noi diamo loro il benvenuto. Oltre ai profitti di questi operatori non ci sono benefici per il mondo in seguito a questo grande commercio. Nessun vero posto di lavoro viene creato, non ci sono prodotti e servizi che la gente comune possa godere. Il commercio delle valute non è necessario ma è improduttivo e immorale. Dovrebbe essere illegale.” Forse, bisognerebbe renderci conto che il globo, pur essendo diviso in tanti paesi, fortemente diversi per culture e tradizioni, vada rispettato e non attaccato approfittando delle situazioni favorevoli e non di ogni area per dare modo a nuove opportunità egoistiche di profitto. Il primo ministro Malese in parte aveva ragione, anche se non del tutto sul commercio delle valute, ma certamente sul modo di fare delle grandi multinazionali che investirono nel suo paese, i fondi speculativi occidentali, per inverso, avevano speculato contro la Thailandia ma la svalutazione della moneta malese, frutto della fuga di capitali dalla Malesia,  fu causata proprio da parte degli uomini d’affari vicini al primo ministro Mahathir e ai quali aveva offerto i suoi servigi e quelli della  popolazione tutta. Questo ci da modo di comprendere quanto difficile sia resistere al richiamo di potere economico e non, di qualsiasi paese attore del grande commercio mondiale, se la Malesia non avesse attratto investimenti dall’occidente questa non sarebbe cresciuta e neanche arricchita, è stata forse sfruttata ma è stata anche una scelta del paese di diventarne schiava. Entrando a far parte del grande sistema globale ha preso i suoi vantaggi ma anche i suoi svantaggi che alla fine sono risultati essere per la maggiore, ma non perché la valuta si fosse indebolita e avesse lasciato il paese sempre più povero, ma perché, influenzato dalla cultura occidentale, lo stesso popolo aveva dimenticato le proprie radici culturali, economiche e non, si era illuso, grazie alle multinazionali “conquistadores” di prosperare all’infinito in nome del nuovo dio e il loro vecchio dio si è offeso e li ha resi nuovamente poveri, forse più poveri di prima.

 

di Antonio Simeone

 

 

Etica, di questo ha bisogno la finanza

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La società di rating Fitch ha abbassato la valutazione del debito pubblico della Spagna e della Grecia e così le borse sono crollate nuovamente. 
 

Papandreu, il primo ministro della Grecia, ha dichiarato che per la prima volta dal 1974 è a rischio la sovranità del paese e si è detto pronto a riportare il deficit al 3 % nel 2012. Il debito pubblico greco , però, ad oggi risulta essere superiore al 12 %, se Papandreu riuscisse nel suo intento Achille e Ulisse non sarebbero tanto più eroici di lui.
I titoli di stato della Grecia saliranno notevolmente di rendimento ma incorporeranno un maggiore grado di rischio, in poche parole, avranno un forte rischio di default. Un altro fallimento così potrebbe essere alle porte non è una banca, bensì uno Stato e per di più europeo.
Cosa ha scatenato la crisi? Sul Der Spiegel, il famoso quotidiano tedesco, è uscito un articolo il quale affermava che la crisi della Grecia fosse stata partorita dalla mente di alcuni managers della Goldman Sachs, la famosa banca americana. Infatti, si dice che la Grecia sia riuscita ad entrare nel patto di stabilità grazie all’aiuto di questa banca, che in cambio di un accordo sui derivati, che effettivamente ci è stato, è riuscita a manipolare i bilanci da consegnare all’ Unione Europea. Il patto di stabilità, in effetti, stabiliva dei ratio di bilancio rigorosissimi e la Grecia ha dovuto fare in modo di far figurare un rapporto deficit / Pil compreso all’interno del 3 %. Molto probabilmente la Goldman Sachs è riuscita ad ideare degli swap montati su cambi fittizi, consentendo alla Grecia di ottenere finanziamenti maggiori di circa 1 miliardo di euro.
Il problema della Grecia è che gli investitori esteri stanno vendendo i titoli del debito pubblico che detenevano in portafoglio per paura che fallisca, ma in questo modo la Grecia ha dei problemi a prendere in prestito altri mezzi monetari perché le banche greche  hanno difficoltà  a scambiare il prestito in titoli con la BCE.
Perché l’euro si sta indebolendo rispetto al dollaro? L’indebolimento dell’euro per i greci è una cosa positiva, alla fine l’euro ha in qualche modo protetto il paese di Omero,  perché se avessero avuto la vecchia moneta nazionale, ora avremmo avuto, a seguito dell’ipersvalutazione della moneta nazionale, un debito per i greci insostenibile perché venduto in moneta straniera e una diminuzione notevole dei capitali esteri. La bancarotta sarebbe stata la causa più probabile. 
Per farsi che ogni crisi non passi mai nel modo più breve possibile i famosi CDS, i derivati che hanno partorito la crisi finanziaria del 2007, sono adesso impacchettati in altre forme e contengono molti degli stessi titoli di debito pubblico della Grecia. Se fallirà la Grecia, dunque, non sarà il fallimento di una sola nazione, di una sola parte del mondo occidentale, no, innescherà una nuova crisi che colpirà tanto l’Europa, tanto gli Usa, tanto l’Oriente. Perché questi derivati sono stati nuovamente venduti in tutto il mondo.
Etica è quello che manca al mondo della finanza.

 

di Antonio Simeone

 

 

Il virus della crisi

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Con il termine carry trade  ci si riferisce ad una delle tante strategie di investimento che si possono realizzare sui mercati finanziari internazionali. 
 

Carry trade significa prendere a prestito capitali di una data valuta per investire gli stessi in strumenti finanziari e in beni reali denominati in altre valute e che abbiano un rendimento superiore al costo del finanziamento. Questo fa maturare un profitto che è dato dalla differenza tra il rendimento dell' investimento e il costo del finanziamento. L'operazione di carry trade è profittevole se le valute scelte godano di un rapporto più o meno stabile nel tempo e soprattutto nel periodo che va dal momento in cui viene acceso il prestito e in quello dove viene restituito, altrimenti le eventuali perdite di cambio ridurrebbero o annullerebbero i guadagni realizzati.Negli ultimi dieci anni è risultato conveniente indebitarsi in yen, in quanto la Banca centrale del Giappone  ha ridotto i tassi di interesse al minimo e ha contestualmente cercato di aumentare la quantità monetaria e per effetto di questa politica lo yen si è addirittura deprezzato rispetto alle altre  valute. L'indebolimento è stato determinato dal fatto che l'indebitamento in yen porta a vendere questa moneta ed è stata continuamente venduta contro l'acquisto di un'altra valuta.
Come è nata la crisi finanziaria? L'ha partorita si le banche e gli Usa ma con l'aiuto proprio del carry trade, infatti, le società specializzate in mutui ipotecari, accendevano prestiti sul mercato giapponese, utilizzando la tecnica del carry trade, sopra descritta e concedevano mutui subprime, ovvero a soggetti a rischio di insolvenza, dopodichè cedevano il credito a società finanziarie, utilizzando la tecnica della securitisation a società finanziarie create il più delle volte ad hoc. Queste, se il mutuante pagava avrebbero ripagato il credito ceduto alle società specializzate nei mutui ( banche) e se il mutuante non pagava avrebbero preso la proprietà della casa che nel frattempo era aumentata di valore. Alla fine erano tutti felici e contenti, le banche ancor di più, guadagnavano infatti su diversi fronti, senza alcun rischio, o meglio avevano pensato di diffonderlo in tutto il mondo tramite i derivati, si era così diffusa l'idea che suddividendo il rischio questo scomparisse, mentre, è diventato un boomerang. I prezzi degli immobili diminuirono e le società finanziarie che acquistavano i crediti subprime si appropriarono di case che valevano meno del credito acquisito, le stesse società così non riuscirono a ripagare alle banche e molte fallirono, le banche ebbero difficoltà a restituire il prestito in Giappone e ci furono conseguenze sui cambi. Ma questo non è nulla in confronto al disagio politico – sociale del popolo dei subpremer , milioni di questi, infatti, furono costretti allo sfratto.
La diffusione internazionale della crisi si è avuta grazie alla natura delle società finanziarie che acquistarono i crediti subprime perchè queste si erano sempre  finanziate con emissione di titoli di debito ad alto rendimento, titoli acquistati da fondi ad altro rischio (asiatici ed europei) che sono poi andati in difficoltà e prodotti finanziari diffusi in tutto il mondo. Le agenzie di rating non seppero dare le giuste valutazioni e siamo stati inglobati dalla crisi. Le banche centrali hanno cercato di intervenire immettendo denaro e abbassando il costo dello stesso, ma alla fine la crisi che era di origine finanziaria ha successivamente avuto ripercussioni sull'economia reale, sugli scenari geopolitici e geoeconomici mondiali. Alla prossima bolla, che tanto sa di petrolio...

 

di Antonio Simeone

 

 

 

Il perché dei fondi sovrani

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Perché paesi in via di sviluppo piuttosto che aumentare le loro riserve creano dei fondi, cosiddetti sovrani?
 

E perché la Cic ( China Investment Corporation), il fondo sovrano del governo cinese ha ritenuto opportuno investire in banche e multinazionali americane, anche perdendoci? E perché continua a farlo? C'è, altresì, da chiedersi se i fondi sovrani sono uno strumento politico più che finanziario. A queste domande cercheremo di rispondere e partiamo proprio dalla crisi che sta fronteggiando l'intero mondo finanziario.
La Cina, anche se in parte, è l'artefice della crisi, in quanto, il surplus commerciale derivante dalle maggiori esportazioni non è stato utilizzato come di consueto a rivalutare la valuta ma ha preso la strada del fondo, ovvero, è entrata a far parte del fondo sovrano cinese. Ora con lo yuan (la valuta cinese) che è rimasta costante, anche i prodotti esportati sono rimasti più convenienti e questo ha favorito l'abbassamento dell'indice di inflazione negli Usa, conseguentemente i tassi di interesse si sono abbassati e la domanda di mutui cresciuta in modo esponenziale, e poi il boom.
Nel 2008 il surplus commerciale cinese ha reso circa 2000 miliardi di dollari, 1300 dei quali sono stati destinati all'investimento negli Stati Uniti.
Un fondo sovrano è un insieme di mezzi monetari, finanziari e non controllati da un Governo che investe le suddette attività per perseguire un profitto a lungo termine. Uno studio condotto dalla Fondazione Eni E.M. Ha affermato, però, che i due terzi dei fondi presi a campione presentavano rendimenti negativi in media del -18.17% e i dati sono usciti prima che la crisi facesse il suo corso.
Il timore di molti economisti è che i suddetti Governi utilizzino il fondo sovrano per acquistare, controllare o gestire, aziende e non ritenute di interesse strategico e non per acquisire un profitto o un rendimento importante. I fondi sono, tuttora,  in continua crescita e ad oggi una ventina di questi gestiscono circa 3 trilioni di dollari, i pessimisti credono che le guerre si inizieranno a fare prima nel  campo finanziario e poi sul campo di battaglia, ma questa è solo un'opinione e anche difficile da condividere, basti pensare che i suddetti fondi hanno contribuito a contenere la crisi ed è anche grazie a loro che molti giganti non sono caduti. Certo, il tema è piuttosto nebuloso e l'affermazione di Geo Xiquing, Ceo del fondo sovrano cinese non ci schiarisce le idee: "Faremo del nostro meglio, ma tenete presente che in Cina la trasparenza non è considerata un problema da almeno 5000 anni". Allora, se lo dice lui, possiamo dormire sonni tranquilli. O sbaglio?

 

di Antonio Simeone