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Aldo Moro, dubbi ed enigmi sulle circostanze della sua morte

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Aldo Romeo Luigi Moro nacque a Maglie il 23 settembre 1916, frequentò la facoltà di giurisprudenza a Bari conseguendo il diploma di laurea. Successivamente ha insegnato Filosofia del Diritto in diverse università e intrapreso la carriera giornalistica, fondando il periodico “La Rassegna” nel 1943.
Aldo Moro ha avuto una lunga  carriera politica in Italia. È stato uno dei fondatori della Democrazia Cristiana (DC) e ha ricoperto diversi incarichi chiave. Moro è stato eletto per la prima volta alla Camera dei deputati nel 1948 e ha servito come ministro della Giustizia dal 1959 al 1963. In seguito, è stato eletto presidente del Consiglio dei ministri italiano per cinque volte, servendo in periodi diversi tra il 1963 e il 1976.
La sua politica era caratterizzata da un approccio di compromesso e dialogo, cercando di mediare tra le diverse forze politiche. Moro è particolarmente noto per aver proposto il concetto di "compromesso storico", un tentativo di collaborazione tra la DC e il Partito Comunista Italiano per affrontare le sfide politiche dell'epoca.
 
Il rapimento e l’uccisione
 
Aldo Moro fu rapito a Roma il 16 marzo 1978 dalle Brigate Rosse, un gruppo militante di sinistra.
Quel mattino il parlamento avrebbe votato la fiducia al quarto governo di Giulio Andreotti, che per la prima volta avrebbe avuto l'appoggio del Partito comunista italiano. Quattro membri delle Brigate rosse, un'organizzazione terroristica rivoluzionaria, con indosso delle uniformi di piloti Alitalia, tesero un'imboscata al presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e alla sua scorta. Durante la sparatoria i terroristi assassinarono i cinque membri della scorta e sequestrarono il politico per condurlo in un nascondiglio all'interno della capitale. La notizia stravolse il Paese, che spontaneamente scese in piazza a manifestare. L'agguato di via Fani fu definito un'operazione «geometrica» e presenta ancora diversi interrogativi. Durante lo scontro a fuoco i terroristi abbatterono i cinque uomini della scorta senza arrecare alcun danno a Moro, anche se in seguito l'autopsia avrebbe rilevato una ferita alla natica che forse fu prodotta nel corso dell'agguato. La precisione dei colpi fece dubitare del fatto che a manovrare le armi fossero stati dei giovani con scarsissima formazione militare. Dalla prime indagini sembrò emergere che quarantanove dei novantuno spari effettuati provenissero da un'unica arma e fu suggerito che si trattasse di un membro della 'ndrangheta connesso ai servizi segreti. In seguito si chiarì che i quarantanove spari venivano sì dallo stesso tipo di arma, ma da due esemplari diversi. Un testimone affermò anche di aver sentito gridare degli ordini in una lingua straniera e altri dichiararono di aver visto fuggire due uomini a bordo di una moto Honda.
Questo drammatico episodio si svolse nel contesto della strategia della tensione, un periodo caratterizzato dalla violenza politica in Italia negli anni '70, i cosidetti “anni di piombo”. Dopo 55 giorni di prigionia, durante i quali vi furono negoziati complessi e appelli disperati per la sua liberazione, Moro fu tragicamente ucciso il 9 maggio 1978. La sua morte ebbe un impatto profondo sulla politica italiana, generando riflessioni sulle tensioni ideologiche e la sicurezza nazionale.
Il cadavere di Aldo Moro fu trovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa il 9 maggio 1978. La polizia rinvenne il corpo del politico rannicchiato sotto una coperta, con undici proiettili nel cuore.
Il luogo dove fu lasciato era strategico: si trovava a 150 metri dalla sede del Partito comunista e a duecento da quella della Democrazia cristiana, il suo partito. Ancora oggi molti dubbi ed enigmi avvolgono questo omicidio.
 
Cos’erano le Brigate Rosse?
 
Le Brigate Rosse erano un gruppo armato di estrema sinistra attivo in Italia negli anni '70. Fondato nel 1970, il gruppo fu coinvolto in una serie di attacchi, rapimenti e omicidi, principalmente contro figure politiche, forze dell'ordine e uomini d'affari. La loro ideologia era basata su una critica radicale al sistema capitalistico e imperialismo statunitense. Le attività delle Brigate Rosse raggiunsero l'apice tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80.
 
di Jacopo Bacci, Rosa Di Sarno, Beatriz Fagundo, Francesco Fusco, Carmen Parlato, Francesca Pollio.

Il terrorismo anarchico in Italia nell'ultima Relazione al Parlamento

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Il terrorismo di matrice anarchica è caratterizzato da atti violenti e attentati perpetrati da gruppi o individui che aderiscono all'ideologia anarchica. Queste azioni spesso mirano a destabilizzare l'ordine sociale e politico, con l'uso della violenza come mezzo di protesta.
Questa tipologia di terrorismo si basa sull'opposizione a qualsiasi forma di autorità e governo, cercando di raggiungere obiettivi politici attraverso atti di violenza. Gli anarchici ritengono che la distruzione delle strutture di potere porti a una società più libera e autonoma. Tuttavia, è importante notare che l'anarchismo come filosofia politica non implica necessariamente il sostegno al terrorismo; molti anarchici respingono le tattiche violente.
Il terrorismo di matrice anarchica spesso si manifesta attraverso attacchi dinamitardi, sabotaggi, sequestri, o altri atti di violenza diretta contro istituzioni governative, infrastrutture o simboli del potere. I gruppi anarchici possono essere decentralizzati, rendendo più difficile per le autorità prevedere e prevenire tali attacchi. Le motivazioni possono variare, ma comunemente includono la protesta contro la repressività statale, l'ingiustizia sociale o la difesa di ideali di libertà individuale.
Nell’ ultima Relazione dei Servizi Segreti al Parlamento possiamo leggere che l'attivismo "contro la guerra", strumentalmente alimentato dalla lettura libertaria degli eventi bellici in Ucraina, ha visto gli anarchici impegnati nel riproporre appelli ad attivarsi contro strutture, aziende, istituti bancari ed enti di ricerca, pubblici e privati, riferibili a vario titolo al comparto della difesa e della tecnologia militare, anche mediante circostanziate opere d'individuazione sul territorio dei relativi target da colpire. Significativo, al riguardo, è apparso il plico esplosivo, non deflagrato, inviato il 27 giugno alla sede generale romana di Leonardo S.p.A., rivendicato in rete con esaltazioni alla prassi insurrezionale e con accuse a coloro che si arricchiscono con la guerra.
La lotta alla "repressione" ha, invece, registrato nuovo slancio sulla scia dei diversi pronunciamenti giudiziari emessi nel corso dell'anno a carico di militanti anarchici e, soprattutto, in relazione all'applicazione del regime carcerario del 41bis al leader della Federazione Anarchica Informale/Fronte Rivoluzionario Internazionale (FAI/FRI) Alfredo Cospito, da ottobre in sciopero della fame.
Oltre a numerosi presidi nei pressi di penitenziari e palazzi giudiziari e cortei in centri cittadini, scanditi, in diverse occasioni, da episodi di vandalismo e momenti di tensione con le Forze dell'ordine, l'evento ha poi dato avvio a una veemente mobilitazione, sostenuta e animata da numerose sigle, italiane ed estere, che si rifanno, per metodiche operative, alla parabola eversivo-terroristica della FAI/FRI. L'eco della "solidarietà rivoluzionaria" per il noto esponente anarchico detenuto in Italia si è, infatti, repentinamente irradiato anche al di fuori dei confini nazionali, con molteplici sortite in vari Paesi europei, in Sud America e negli Stati Uniti.
Uno scenario che ha avvalorato valutazioni d'intelligence circa l'estensione e l'intensità dei collegamenti internazionali anarco-insurrezionalisti in grado di agire da moltiplicatore delle capacità offensive, non solo in conseguenza dell'effetto aggregante e amplificatorio della rete, ma anche grazie alla rilevata mobilità di militanti anarchici da un Paese all'altro in un'ottica di reciproco supporto in occasione d'iniziative propagandistiche e mobilitative, specie lungo l'"asse euro-mediterraneo" dell'anarchismo Spagna-Italia-Grecia, storicamente contraddistinto da importanti contatti d'area. È questo il clima che ha dato spunto all'attentato incendiario compiuto ad Atene, nella notte del 2 dicembre 2022, ai danni dell'autovettura privata di una rappresentante diplomatica italiana, rivendicato in lingua greca sul web, in solidarietà a Cospito, dall'evocativa sigla "Nuclei di Vendetta Carlo Giuliani".
 
di Marina De Angelis, Marco Mariano Di Martino,Francesco Sicignano, Nina Marrone, Alessandro Marone.

Isis, origine e ascesa del gruppo jihadista

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ISIS, acronimo di Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, è un’organizzazione terroristica estremista islamica, d’ispirazione salafita, che considera il jihād globale un dovere di ogni musulmano, emersa nei primi anni del 2000 e fondata da Abu Masab al-Zarqawi e da Abu Bakr al-Baghdadi. L’ISIS ha le sue radici nella resistenza irachena post-2003 e nella destabilizzazione della regione. Le cause del suo sviluppo includono tensioni etniche e confessionali in Iraq, l'instabilità in Siria e la crescente polarizzazione tra le comunità sunnite e sciite. La sua ascesa fu accelerata nel 2014 quando conquistò vaste aree in entrambi i paesi, proclamando il 29 giugno del 2014 “califfo” dello Stato Islamico dell’Iraq Abu Bakr al-Baghdadi. La brutalità delle sue azioni e la propaganda online contribuirono al reclutamento di combattenti stranieri. L'ISIS ha attirato l’attenzione per le sue attività violente, come attacchi terroristici. La comunità internazionale ha condannato le azioni dell'ISIS, cercando di contrastare la sua minaccia attraverso varie iniziative di sicurezza. L’ISIS ha attuato strategie brutali, coinvolgendo decine di migliaia di combattenti stranieri e attuando persecuzioni contro minoranze religiose. Le forze internazionali hanno combattuto contro di loro per sconfiggerne l’espansione territoriale. La comunità internazionale ha lavorato insieme per contrastare questa minaccia, ma il problema del terrorismo rimane complesso e in continua evoluzione. La bandiera dello Stato Islamico, finora usata sempre nella sua variante di guerra, è nera, con una scritta bianca in lingua araba tracciata nella parte superiore, sotto alla quale vi è una figura circolare di color bianco con all'interno una scritta nera sempre in lingua araba. La scritta superiore riproduce la prima parte della Shahādah "La ilàha illa Allàh", ossia "Non c'è dio se non Allah". Nel cerchio sottostante figura, partendo dal basso verso l'alto, è riportata la seconda parte dell'attestazione di fede islamica Muḥammad rasùl Allàh, ossia "Maometto è il suo profeta".

di Rosa Di Sarno, Beatriz Fagundo, Francesco Fusco, Carmen Parlato e Francesca Pollio.

La minaccia dei Foreign Fighters in Italia

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Dall’ultima Relazione dei nostri Servizi Segreti al Parlamento si legge che ancora ad oggi è presente, anche se in maniera residuale, un attivismo online o direttamente sul campo di alcuni “foreign fighters”.
I “foreign fighters” sono tutti coloro che vanno a combattere in un Paese straniero diviso tra parti in conflitto, in nome e per conto di una causa politica, ideologica e religiosa.
Quando si parla di “foreign fighters” non ci si riferisce a uno specifico gruppo di persone: i soldati combattenti cambiano infatti di volta in volta in base al conflitto e alle parti in causa. L’interesse informativo si è quindi focalizzato, come ogni anno, sulla presenza, il rientro e/o il transito di soggetti “a rischio”, inclusi nella “lista consolidata” redatta in ambito di Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo. Il numero complessivo di foreign fighters, a vario titolo connessi con l’Italia, è rimasto sostanzialmente invariato, pari a 146 unità, di cui 61 deceduti e 35 “returnees”.
Il 6 giugno 2022 un’operazione antiterrorismo della polizia di stato ha portato all’arresto di 14 cittadini pakistani facenti parte di una rete con finalità di terrorismo chiamata “Gabar group” attiva tra Italia, Francia, Spagna e Grecia. Tra i membri di spicco della rete figurava anche Zaheer Hassan Mahmood, il terrorista che il 25 settembre del 2020 attaccò l’ex sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi, ferendo a colpi di machete due persone. Il gruppo è risultato molto attivo su fecebook e tiktok dove condivideva foto e video di armi, munizioni e dove gli stessi membri brandivano coltelli e machete, con tanto di minacce nei confronti dei “miscredenti”, istigando a compiere atti di violenza contro infedeli blasfemi. Il punto di riferimento della cellula italiana è risultato essere il 24enne Yassen Tahir già arrestato nel febbraio 2021 dalle autorità francesi.
Le indagini erano state avviate grazie alle informazioni acquisite dal Comparto intelligence su un gruppo di pakistani, alcuni dei quali regolarmente soggiornanti in Italia. I membri sono accomunati da una propensione criminale e dalla matrice estremista islamica barelvi (movimento di orientamento sufi). L’attività ha seguito di pochi mesi un’analoga operazione, condotta nel febbraio 2022 in Spagna, che ha portato all’arresto di cinque cittadini pakistani, anch’essi appartenenti al “Gabar Group”, con l’accusa di apologia del terrorismo e addestramento con finalità di terrorismo.  
 
di Maria Giovanna Aiello, Alice Luna Amitrano, Marta Cinque, Fabiola Fatigati, Chiara Gargiulo, Giuseppe Francesco Punzo, Chiara Ruocco, Filippo Sorrentino.
 

Al Qaida, storia e obiettivi

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Al-Qāʿida (in arabo القاعدة‎, al-qāʿida, "la Base", italianizzata in al-Qaida) è un’ organizzazione internazionale ispirata all’ideologia di Sayyid Qutb e Abd Allah-al Azzam. Fu fondata l'11 agosto 1988 e guidata da Osama bin Laden fino al 2 maggio 2011. È nota per aver pianificato e messo in atto gli attentati dell’ 11 settembre 2001 causando la morte di circa 3000 persone tra cui soccorritori, cittadini, lavoratori e gli stessi terroristi. Al Qaida è stata guidata oltre che dal miliardario saudita Osama bin Laden anche dal medico egiziano Ayman al-Zawairi, appartenente a una famiglia di dotti religiosi e di magistrati. Entrambi sono riferibili all'attivismo ideologico-politico dello shaykh al Azzam. Al-Qāʿida è stata classificata come organizzazione terroristica dal Consiglio di sicurezza delle nazioni unite, dalla NATO, dalla Commissione dell' Unione Europea dal dipartimento di stato degli Stati Uniti e da diversi governi.

 

ORIGINE DEL NOME

Il nome dell'organizzazione deriva dall' arabo qāʿida che significa "fondazione" o "base" e può riferirsi sia a una base militare sia a un database. L'iniziale al- è l'articolo determinativo. In arabo qāʿida bayānāt è il "database", dove la parola bayānāt significa "dati" e la parola qāʿida significa "base". Osama Bin Laden spiegò l'origine del nome in una registrazione di un'intervista concessa al giornalista di Al-jazeeraTaysir Aluni nell'ottobre del 2001.

STORIA

Secondo alcune fonti, al-Qāʿida nacque ai tempi dell'invasione sovietica dell'Afghanistan. Il terrorista Jamāl al-Faḍl, in un'intervista alla CNS, afferma che al-Qāʿida nacque intorno al 1989. Nonostante gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita fornissero (tramite il Servizio Segreto Militare Pakistano) miliardi di dollari in assistenza ai gruppi ribelli che combattevano l'occupazione sovietica. Dietro la genesi dell'organizzazione si trova una teorizzazione religiosa di ispirazione wahhabita, che col tempo ha raccolto elementi di altre correnti religiose islamiche, appoggiandosi di volta in volta al "clero" locale, come i deobandi  e i talebani, preservando altresì la propria indipendenza.

OBIETTIVI

I suoi atti terroristici si basano su attacchi suicidi e omicidi e fanno ricorso all'uso simultaneo di esplosivi contro differenti obiettivi. Tali attività terroristiche sono sviluppate da uomini che hanno prestato giuramento di fedeltà (in arabo bay’s) a Osama bin Laden o da quanti siano comunque legati ad al-Qāʿida pur senza aver prestato detto giuramento e che non abbiano necessariamente ricevuto uno specifico addestramento in un campo di al-Qāʿida in Afghanistan o in Sudan. Altri campi di addestramento sarebbero stati attivati in Libano, Bosnia, Burkina. Il gruppo di al-Qāʿida predica e organizza da tempo il cosiddetto "jihad islamico ", espressione che va però intesa come attuazione di attacchi terroristici condotti nei confronti di obiettivi occidentali, con l'obiettivo di porre fine all'influenza dei paesi occidentali sui paesi musulmani e con il fine di creare un nuovo califfato islamico. 

di Marina De Angelis, Marco Mariano Di Martino, Nina Marrone, Alessandro Marone.