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La guerra di Hollywood

C’è una guerra invisibile proiettata nei maxischermi, non la vedi ma c’è. Conosciamo l’importanza delle propaganda di guerra, solitamente la associamo alle notizie dei media; la guerra di cui vi parlo si combatte nei cinema. E’ un metodo ingegnoso per fare propaganda, esaltare le gesta dei propri connazionali e denigrare i rivali, modificare la storia a proprio piacimento oppure riscriverla di sana pianta. E’ quello che da decenni fanno gli americani, alcuni sostengono che dietro il boom di Hollywood ci siano stati i finanziamenti segreti delle lobby legate alla guerra grazie alle quali l’industria cinematografica dapprima ha trainato l’economia americana e poi superato la crisi del secondo dopoguerra resistendo ai cambiamenti del mercato fino ai giorni nostri. Due celeberrimi film spiegano meglio il concetto, “Fuga per la vittoria” ed il recente “Il ponte delle spie”, ma gli esempi potrebbero essere molti altri. La guerra fredda teneva il mondo col fiato sospeso, dopo la parziale apertura di Carter ai sovietici questi ultimi invasero l’Afghanistan facendo ripiombare le due parti nel gelo; gli atleti americani e quelli di altre nazioni del blocco occidentale boicottarono le olimpiadi di Mosca e la cosa non fu gradita ai vertici militari stelle e strisce, nel linguaggio militare era un chiaro segno di debolezza. Cominciò così la discesa di Carter nei sondaggi al punto che il presidente americano dovette ordinare a Stansfield Turner capo della CIA una campagna propagandistica atta a contrastare le caricature fumettistiche che comparivano sulla Pravda in cui gli Yankee venivano raffigurati come dei conigli tremolanti. I servizi segreti americani diedero prova di efficienza allertando l’industria cinematografica nazionale che in pochissimo tempo e grazie ai finanziamenti della Casa Bianca girò il film “Fuga per la vittoria” un successo planetario di chiaro stampo propagandistico. Il bellissimo film che vide tra i protagonisti Silvester Stallone e Pelè celava un messaggio politico che in pochissimi anche oggi conoscono; gli eventi che hanno ispirato il film sono realmente accaduti ma sul suolo sovietico nell’estate del 1942 e videro protagonisti i giocatori della Dinamo Kiev che sfidarono battendo una selezione di ufficiali nazisti. Per aver osato sfidare ed umiliare sul campo le SS i giocatori sovietici furono assassinati; l’attaccante Korotkych fu torturato ed ucciso, gli altri vennero mandati nei campi di concentramento, alcuni furono trucidati nei giorni seguenti. Per anni il messaggio esplicito del super eroe americano che vince in ogni occasione si è materializzato nelle gesta di Silvester Stallone e la propaganda stelle e strisce si è attuata nella sottrazione di una storia popolare russa fonte di orgoglio nazionale al servizio della celebrazione metaforica del potere dell’occidente. Il comunismo alzerà bandiera bianca qualche anno più tardi e sarà ancora Silvester Stallone il protagonista di Rocky, l’ennesimo eroe americano che distrugge Ivan Drago. “Se io posso cambiare tutto il mondo può cambiare”, gli ufficiali sovietici si alzarono in piedi ad applaudirlo simboleggiando nel linguaggio della propaganda Reaganiana l’ammissione della sconfitta. Ed infatti poco tempo dopo il muro cadde, il comunismo finì e gli americani vinsero definitivamente la guerra fredda. Il cinema ha avuto un ruolo fondamentale poiché ha alimentato il consenso nel mondo degli Stati Uniti. Passano gli anni e la storia si ripete. C’è di nuovo il gelo tra Washington e Mosca, Putin ed Obama non vanno d’accordo; gli americani non godono più della simpatia ubiquitaria in tutto l’occidente ed ecco che Hollywood torna a sostenere l’America. E’ appena stato proiettato “Il ponte delle spie” con Tom Hanks attore protagonista in una Berlino degli anni cinquanta in piena guerra fredda. La storia si basa su un fatto realmente accaduto, le vicende di un avvocato newyorkese, James B. Donovan che è riuscito con una abilissima operazione ad ottenere il rilascio di due cittadini americani Francis Gary Powers pilota di un aereo spia e Frederic Pryor studente di economia arrestato dalla Volskpolizei in Germania Est; in cambio dei due è stato trattato il rilascio della spia sovietica Rudolf Abel, catturato dai servizi segreti americani. Lo scambio ha avuto luogo sul ponte di Glienicke tra Berlino Ovest e Potsdam, sul grande schermo tutti i protagonisti sovietici sono stati caricaturati, alcuni al punto da sembrar ridicoli; diverso anche il trattamento subito dalle spie catturate. Gli americani sono stati gentili col detenuto Abel, mentre i sovietici sono apparsi nelle vesti di torturatori; insomma l’ennesimo eroe stelle e strisce da un lato ed i cattivi sovietici dall’altro; il film si conclude con l’elogio dell’avvocato Donovan che è riuscito a liberare oltre diecimila prigionieri politici catturati dalle truppe di Fidel Castro a Cuba in seguito allo sbarco americano nella famigerata “Baia dei porci”. Altro falso storico, di eroico in quelle liberazioni non ci fu nulla, fu la più grande sconfitta militare nella storia degli Stati Uniti che costò oltre cento milioni di dollari di allora, tra costi di guerra, risarcimento post bellico e riscatti, una autentica fortuna. I geniacci della C.I.A. hanno pensato anche a questo, vogliono riabilitare agli occhi della gente le disavventure cubane del giovane Kennedy? Il cinema serve anche a questo, cambiare le sorti dei conflitti, riscrivere la storia consegnando alla memoria realtà travisate nella speranza che nessuno mai le confuti. D’altra parte si sa, le bugie cinematografiche hanno le gambe lunghe specie quelle Hollywoodiane.

di Giuseppe Barcellona