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Storia recente di una prigione a cielo aperto

La Striscia di Gaza è una fascia di terra della Palestina situata tra Israele ed Egitto che affaccia sul mar Mediterraneo, ed è lunga circa 365 kmq con una densità abitativa tra le più alte al mondo: oltre due milioni dipersone vivono all’interno di quello che è una zona delimitata da un lungo muro perimetrale che isola il territorio.
Sebbene l’ONU affermi che Israele non occupi più questo presidio di terra (sul piano politico, infatti, è controllata dal 2006 da Hamas), Israele ne continua di fatto a detenere il controllo dello spazio aereo, delle acque territoriali, dei passaggi di confine, delle infrastrutture civili (tra cui la rete elettrica) e della gestione del censo palestinese (l’anagrafe). 
La storia del conflitto israelo-palestinese non è una questione che va avanti da secoli, o come si dice, da sempre. È storia del secolo scorso. Le origini di questa contesa sono rintracciabili nel primo dopoguerra. Precedentemente, infatti, l’area era sotto il controllo dell’impero ottomano. Ai turchi subentrarono gli inglesi, i quali diedero vita al Mandato britannico per la Palestina (1919-1948). Nei primi decenni del XX secolo si trasferirono migliaia di ebrei europei nella Palestina britannica, i quali in un primo momento consentirono l’immigrazione. Tuttavia, il sempre maggiore numero di ebrei che andavo stabilizzandosi in Palestina, iniziarono a produrre le prime tensioni nella convivenza con gli arabi. Gli inglesi decisero di limitare l’immigrazione ebraica, provocando la formazione di milizie ebraichedecise a combattere sia gli arabi che gli inglesi. Dopo secoli di persecuzioni, compresa l’ultima nazista, gli ebrei credevano che solo uno stato ebraico rappresentasse per loro la salvezza. Nel 1947 l’ONU approvò un piano per dividere la Palestina britannica in due: uno stato ebraico (Israele) e uno stato arabo (Palestina). Da questo momento in poi inizia una guerra tra le due fazioni, con gli arabi palestinesi che non vedono di buon occhio la spartizione e puntano a ripristinaretutti i territori della Palestina britannica. Se l’origine della questione palestinese è rintracciabile nel primo dopoguerra, quello della Striscia di Gaza risale al 1948, anno in cui fu attaccato il neonato Stato di Israele, ritenuto illegittimo dagli arabi di Palestina. Il territorio della striscia fu occupato dall’Egitto. Israele vinse la guerra ma si spinse oltre i suoi confini, conquistando la metà occidentale di Gerusalemme e parte del territorio che spettava alla Palestina. Fu allora che emerse il concetto di “Striscia di Gaza”, intesa come territorio separato, perché quest’ultimo fu l'unico tratto della costa mediterranea della Palestina che Israele non riuscì a conquistare. Questa fascia di terra restò sotto il controllo dell'Egitto fino alla guerra dei sei giorni del 1967, quando fu occupata dalle truppe israeliane e dopo la quale iniziò la realizzazione nell'area di colonie sioniste. Il sionismo è il movimento nato alla fine dell‘800 bassato sul principio di diritto autodeterminazione del popolo ebraico e alla costituzione di uno Stato ebraico. Israele adesso occupava tutti i territori palestinesi, compresa la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, precedentemente controllata dalla Giordania. Israele ed Egitto arrivarono a concordare una pace con la quale lo Stato ebraico restituì il Sinai. Nel corso degli anni anche altri Stati arabi accettarono pacificamente la nuova situazione, pur senza firmare accordi di pace ufficiali, limitando il conflitto alle sole due fazioni israelo-palestinesi. L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), nata negli anni ’60, smise di rivendicare tutti i territori della precedente Palestina britannica, dichiarando di aver accettato la divisione della terra, ma continuando a lottare per la liberazione di essa. La questione divenne ancora più complessa quando gli israeliani iniziarono a trasferirsi nei territori palestinesi: questi furono denominati coloni, e iniziavano a creare i loro insediamenti in Cisgiordania e Gaza con la protezione dei soldati israeliani. Ciò che li mosse fu sia la rivendicazione dei territori, sia le agevolazioni economiche del governo di Israele. L’ONU ha dichiarato illegale l’insediamento dei coloni, che ha reso l’occupazione molto più difficile per i palestinesi, costretti a condividere la loro terra, facendo crescere il loro sentimento di frustrazione, sfociato poi nella prima intifada (rivolta).
Un contesto di questo tipo ha maturato la sfiducia nella OLP e favorito la nascita di un nuovo movimento di resistenza islamica, dalla quale nascerà Hamas: un'organizzazione che combatte per l'autonomia degli arabi palestinesi, imponendo i principi dell'Islam. In particolare, l’origine di Hamas è da rintracciare nel Centro islamico, un’organizzazione di assistenza sociale che decise di sostenere la prima intifada, iniziando ad occuparsi di questioni politiche, ponendo le basi per la nascita di Hamas, un ramo militare a sostegno dei musulmani di Palestina. Hamas all'inizio indirizzò le sue azioni soprattutto contro gli arabi palestinesi accusati di collaborare con lo Stato ebraico, ma contemporaneamente si occupava anche di assistenza sociale istituendo mense, ospedali e servizi per gli arabi palestinesi più poveri. Gli accordi di Oslo sancirono la restituzione di Gaza alla Palestina e istituirono la creazione dell'Autorità Nazionale Palestinese: un nuovo organismo politico guidato da Fatah. Hamas non approvava il processo di pace intrapreso da Fatah, il partito guidato da Yasser Arafat, che tutt'oggi controlla la Cisgiordania e che seguiva una linea politica nazionalista e laica. In realtà, gli estremisti di entrambe le fazioni non accettarono l’accordo. I tentativi di trovare un compromesso non riuscirono a fermare le stragi di Hamas. Nemmeno la colonizzazione sionista si fermò, facendo maturare la consapevolezza generale che non si trattasse più di risolvere un conflitto ma di convivere con esso. E così, dove non c’è modo di costruire ponti, vengono innalzati i muri. Il governo israeliano eresse così una barriera intorno alla striscia, lasciando aperti solo pochi punti di passaggio, i cosiddetti checkpoint. Isolare la Striscia di Gaza significava non solo bloccare gli arabi-palestinesi, ma anche isolare circa 9000 ebrei disposti in 21 insediamenti. Questi rimasero lì fino al 2005, anno in cui il governo israeliano decise di smantellarli e di trasferire gli abitanti, dopo 5 anni di scontri cruenti nella regione che presero il nome di seconda intifada.
Hamas nel 2006 partecipò per la prima volta alle elezioni politiche dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP). Il movimento risultò vincitore a scapito di Fatah, l'altro partito. Israele reagì imponendo un blocco navale totale nei confronti della striscia di Gaza che va avanti ancora oggi, poiché considerava Hamas, non un partito ma un’organizzazione terroristica. Dopo le elezioni scoppiò una guerra civile tra Hamas e Fatah, che provocò la divisione della Palestina in due parti: Gaza (controllata da Hamas) e Cisgiordania (controllata dall’ANP). Tuttavia, la Cisgiordania rimane ancora oggi in parte occupata da Israele, provocando altre tensioni. Con la risoluzione 446 del 1979, l’ONU ha dichiarato che gli insediamenti israeliani in Cisgiordania non hanno alcuna validità giuridica e rappresentano un serio ostacolo per la pace. Inoltre, sempre secondo l’ONU, Israele sarebbe tenuto a rispettare gli obblighi di una potenza occupante, i quali sono stabiliti dalla Quarta Convenzione di Ginevra, per cui un conflitto armato o un'occupazione non esonera uno Stato dal tutelare i diritti umani.
Hamas è considerata un’organizzazione terroristica non solo da Israele, ma anche dall'Unione Europea, dagli Stati Uniti e da altri Paesi; tuttavia, è riconosciuta dalla maggior parte dei Paesi del mondo. Dal 2012, inoltre, l'Onu ha accettato che una delegazione dell’ANP fosse denominata Stato di Palestina, e ne ha riconosciuto la condizione di Stato osservatore non membro: può partecipare alle assemblee generali dell’ONU, senza poter votare. In particolare, dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, 163 Stati hanno riconosciuto Israele, 138 la Palestina. La questione israelo-palestinese non può quindi essere una diatriba ristretta all’Oriente, ma comprende dinamiche e scenari globali che interessano appieno l’Occidente.
Secondo uno studio del 2020, il numero di ebrei nel mondo è di poco inferiore ai 15 milioni di persone, di cui quasi 7 milioni vivono in Israele, e quasi sei milioni negli Stati Uniti, con il restante altrove. Negli Stati Uniti la comunità ebraica è molto forte: offre un sostegno costante a Israele e nel 1953 si è dotata di un'organizzazione, l'American Israel Public Affairs Committee, l'IPAC, di cui fanno parte anche americani non ebrei. Lo scopo dell’organizzazione è spingere le istituzioni statunitensi a sostenere lo Stato ebraico; oggigiorno l'IPAC è considerata una delle lobby più influenti degli Stati Uniti, politicamente vicina al primo ministro israeliano Netanyahu. 
 
di Daniele Leonardi