La trincea di carta
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- Creato Mercoledì, 23 Novembre 2022 15:32
- Ultima modifica il Sabato, 20 Gennaio 2024 14:33
- Pubblicato Mercoledì, 23 Novembre 2022 15:32
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Il carattere “di massa” assunto dalla Grande Guerra permise come mai prima lo sfruttamento della propaganda come strumento bellico per indebolire il morale nemico e cementare gli ideali e la coesione dei soldati e della popolazione.
I giornali vennero mobilitati per sostenere lo sforzo bellico, mentre la stampa di manifesti e volantini venne largamente impiegata per la pubblicità dei prestiti di Stato.
I manifesti, comprensibili anche dagli analfabeti, recavano immagini che si appellavano ai temi emozionali e identitari di ciascun popolo.
Nel caso degli italiani: la difesa della famiglia lontana, la lotta contro il “tedesco”, secolare nemico e dopo Caporetto, terra ai contadini come premio per la vittoria.
Per colpire l’immaginazione collettiva vennero utilizzate anche figure carismatiche o eroiche di combattenti come in Germania il Barone Manfred von Richtofen detto il “Barone Rosso”, o in Italia il poeta Gabriele D’Annunzio, che ideò e partecipò ad azioni volte ad impressionare l’opinione pubblica internazionale anche nemica, come il “volo su Vienna”.
Parte della propaganda era poi rivolta al nemico con frequenti inviti ai soldati avversari a disertare sia per mezzo di volantini sia tramite altoparlanti.
Tale forma di comunicazione si rivelò particolarmente efficace soprattutto per i soldati dell’esercito austro-ungarico appartenenti alle nazionalità “minori” dell’Impero, come cecoslovacchi, polacchi e romeni che, disertori o prigionieri, alla fine della guerra formarono dei reparti combattenti a fianco del Regio Esercito.
di Antonio Salvatore
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