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Temi globali

Marocco, destino crudele per il bimbo caduto nel pozzo e deceduto

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Una notizia che ha tenuto in apprensione tutto il mondo è stata quella della caduta del piccolo Ryan Ourram in un pozzo (profondo 32 metri, largo solo 25 centimetri) situato in un appezzamento di terreno di proprietà della famiglia a Tamrout, nel nord del Marocco. Per cinque lunghissime giornate medici, soccorritori con mezzi, speleologi e gente comune hanno scavato un tunnel parallelo, a volte anche a mani nude, per salvargli la vita. Le operazioni di salvataggio del bimbo hanno avuto degli imprevisti a causa del pericolo di smottamenti del terreno e di ritardi dovuti a rocce da rimuovere per creare il cunicolo per portare in salvo il bambino. I soccorritori sono poi riusciti a mettersi in contatto con il piccolo tramite un collegamento radio e a fargli arrivare ossigeno, acqua e viveri con una sonda. Il bimbo, comprensibilmente affaticato e spaventato, è riuscito a parlare anche con il papà Khalid e con la mamma Soumaya che hanno riferito che il piccino era confuso e che respirava a fatica. La vicenda sembrava volgere al meglio nella giornata di ieri quando le squadre di soccorso erano riuscite a realizzare delle strutture di protezione per far venir fuori il fanciullo. All’uscita dal pozzo ad attenderlo ci sarebbe stata un’ambulanza con sanitari e psicologi. Poi l’infausto epilogo: il corpicino di quell’anima innocente è tornato in superficie cadavere. Dopo quelle drammatiche ore, ai congiunti di Ryan è arrivato il cordoglio di re Mohammed VI che ha espresso profonda commozione e tristezza per un’esistenza portata via troppo presto. Il ricordo degli italiani subito è andato all’accadimento simile occorso 40 anni fa, 13 giugno 1981, ad Alfredino Rampi, precipitato anch’esso in un pozzo artesiano e morto a Vermicino, a pochi chilometri da Roma.

di Domenico Pio Abiuso

 

Suicide bombers in the new context of asymmetric warfare

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The nature of contemporary conflicts has changed from traditional territorial conflicts between states, to conflicts between states and non-state actors with enormous disparity of means and with aims different from the conquest of territories. 'Asymmetric warfare' is an undeclared conflict, with considerable disparities in military or financial resources and in the status of the two contenders.  Through the influence of Chinese strategic thinking in the 1990s, the term 'asymmetrical warfare' took on the meaning of a conflict conducted with scarce resources and unconventional methods of warfare to fill its military, technological and financial deficiencies, transforming weaknesses into strengths in order to hit the opponent where he does not expect it and create strong psychological shocks. 
The strategic debate was influenced in particular by the literary success of the classic "Art of War" by Sun Tzu and above all by the book "War without limits: the art of asymmetrical warfare between terrorism and globalization" published in 1999 by Qiao Liang and Wang Xiangsui, two upper colonels of the Chinese Air Force. 
Liang and Xiangsui indicated in the 1991 Gulf War the beginning of a mutation in the nature and function of war. War could be waged in any field: political, technological, commercial, financial, cultural or media, especially by combining and adding other methods to military methods in a hybrid way, in order to multiply the lethal effects, causing enormous damage.
The attacks of 11 September represent the definitive affirmation of the term asymmetrical warfare. In an asymmetrical conflict, heterogeneous parts fight: the protagonists, state or not, have unequal forces, are equipped differently, use different means and methods, pursue different aims. Asymmetry, therefore, consists in acting, organizing and reflecting differently from the opponent in order to maximize their strengths and take advantage of the weaknesses of the opponent. The belligerents who suffer from a strong technological inferiority often have to resort to unconventional weapons such as chemical, bacteriological, radiological, nuclear, improvised devices, and especially suicide martyrs. 
Therefore, unlike the great majority of traditional war actions and the same majority of those carried out by the "old" terrorism, the tactic on the field of the new terrorism does not provide for the protection, as far as possible, of the life of its combatants, but, on the contrary, for its programmed destruction; in this context, the kamikaze are systems of arms that the commanders do not count on recovering and reusing. They are human containers to be lost, mere vectors of an explosive charge to be conducted on the target. In its dual application to the enemy and to oneself, thus, the human sacrifice from relative becomes absolute.
It is in this context of new terrorism, therefore, that the figure of the kamikaze re-emerges, considered the unconventional weapon par excellence. 
 
di Noemi Genova
 
 

Voice of Hind, così l'ISIS si rivolge ai musulmani in India

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Nel febbraio 2020, il media online Al Qitaal Media Centre, lanciò  l’edizione inaugurale della rivista, “Sawt-al-Hind o “Voice” of Hind”, in lingua inglese, hindi, urdu e bengalese. Il titolo di apertura era “Allora dove stai andando? Un appello ai musulmani dell’India”. Tre giorni dopo, mentre scoppiavano delle rivolte a Delhi per la legge sull’emendamento della cittadinanza, la rivista invitava i musulmani indiani a unirsi al Jihad. Da quel momento ogni nuovo numero della rivista ha suggerito modi per i sostenitori dell’ISIS di effettuare attacchi nel Paese, mentre le forze dell’ordine erano occupate nella lotta al COVID-19.  "Voice of Hind" è la prima pubblicazione dell'ISIS incentrata sull'India e descrive le tattiche di reclutamento già applicate dal Califfato in altri contesti. Un'analisi della pubblicazione delinea cinque temi comuni nelle riviste di propaganda dell'ISIS, ovvero: insegnamento islamico; esempi di progresso ed eroismo; definizione del nemico comune; appello alla comunità e al senso di appartenenza; articoli didattici che invogliano i lettori a partecipare al jihad. La propaganda dell'ISIS nel corso degli anni si è incentrata sull'affiliazione al gruppo in un processo di radicalizzazione. Se da un lato il contesto socio-politico dell'India e il disincanto della comunità musulmana nei confronti dello Stato potrebbero rendere la pubblicazione unica nel suo genere, dall’altro i temi centrali della propaganda dell'ISIS restano coerenti. Date le peculiarità del contesto indiano, "Voice of Hind", si discosta per certi versi dalle altre pubblicazioni dell'ISIS. Una parte importante della propaganda dell'ISIS si è concentrata sulla rappresentazione di una comunità idilliaca nel Califfato. "Dabiq" ha trattato principalmente il lato umanitario del Califfato, i progressi della medicina, le iniziative della comunità e le strutture per gli anziani, incoraggiando così intere famiglie a unirsi al Califfato. Tale propaganda non è stata riscontrata nel primo numero di "Voice of Hind". Una ragione potrebbe essere che l'ISIS è più concentrato sul "Wilayat al-Hind", incitando alla violenza locale. Infatti alcuni giorni dopo le rivolte di Delhi, l'ISIS ha pubblicato un post online che le giustificava come “Azione di ritorsione” nel Wilayat al Hind. Il post riportava l'immagine di un uomo, identificato come musulmano, inginocchiato e picchiato da una folla.  La propaganda dell'ISIS ha mostrato la capacità di attingere ai fattori di attrazione della radicalizzazione, incluso il desiderio innato negli esseri umani di trovare il senso di uno scopo. L'organizzazione terroristica ha deciso di prendere di mira i musulmani indiani facendo appello a tali desideri e invocando un senso di obbligo tra di loro nei confronti dei valori della 'ummah' (comunità). Il legame tra violenza e sacrificio e il dovere verso Allah è costantemente sottolineato e usato come strumento di persuasione da gruppi jihadisti transnazionali.  La diffusione dell'influenza dell'ISIS in India negli ultimi anni è riconducibile sia ad una preoccupante radicalizzazione di giovani istruiti provenienti da stati come Kerala, Telangana e Maharashtra, i quali sono persino andati all'estero per combattere per l'ISIS, sia allo sventolio delle bandiere dell'ISIS durante le proteste indipendentiste contro l'India nella valle del Kashmir. L'ideologia dell'ISIS è incentrata su una branca del salafismo wahhabita che si riferisce fondamentalmente a un "ritorno alle tradizioni degli antenati" ed esige che i musulmani di tutto il mondo resistano al richiamo della modernità, garantendo così la santità di una forma puritana dell'Islam strettamente allineata con gli insegnamenti del Profeta Maometto.  Il più antico movimento salafita indiano in India è il Jamiat Ahle Hadith, fondato nel 1906 e praticato in 20 stati dell'India centrale e settentrionale. I musulmani indiani esercitano il loro diritto democratico di voto. Lo stesso vale per il Kerala Navdhatul Mujahideen e il movimento salafita del Karnataka meridionale nell’India del Sud.  L'imperativo per l'India è preservare la sua etica storica e multiculturale. Gli analisti sostengono che le convergenze ideologiche, tra i fautori dell’ideologia Hindutva del BJP al potere, sono state cruciali nell’ approvazione della violenza contro la minoranza musulmana, sebbene il governo non possa approvare apertamente tali dichiarazioni o atti. La NIA classifica tutti gli attacchi da parte di gruppi o individui islamici come "jihadisti", mentre quelli mentre quelli che coinvolgono gruppi di destra indù sono semplicemente etichettati come "altro", senza indagare nei loro motivi ideologici o religiosi. Inoltre, durante il lockdown imposto per frenare la diffusione del COVID-19, la retorica anti-musulmana ha raggiunto l’apice quando sono usciti i rapporti che la setta di proselitismo dei musulmani, la Tablighi Jamaat, si era riunita a Delhi nonostante le restrizioni.

di Raffaella Scarano, Miriana Esposito, Giulia De Paola e Alessio Palumbo

 

India messa sotto assedio dal Covid, boom di contagi e di decessi. Spaventa “l’indiana”

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Nelle ultime  settimane l'India è sotto i riflettori mondiali per un forte incremento di casi da coronavirus. Si contano 18.000.000  di infezioni (300.000 al giorno) e 200.000 decessi (100-120 ogni ora, 3.000  ogni  giorno). Negli ospedali mancano posti letto, attrezzature sanitarie, farmaci, dispositivi di protezione, ma soprattutto, ossigeno, essenziale per combattere questa pandemia, i quali, ormai pieni, rifiutano i soggetti affetti dalla patologia. La causa dell’innalzamento della curva della trasmissione del virus è da ricondurre al ritardo dell’attuazione della campagna vaccinale, ad incontri elettorali privi di distanziamento sociale, a pellegrinaggi religiosi di massa, alla riapertura di tutte le attività commerciali dal mese di gennaio e alla sottovalutazione della crisi sanitaria del Governo, tanto da far oscurare i social media. Solidarietà ed aiuti per reperire  tutto il necessario per curare gli infermi, respiratori polmonari, mascherine, camici, componenti per creare vaccini, sono arrivati da Francia, Gran Bretagna, Russia, Stati Uniti e Pakistan. Intanto fa paura la notizia, data dai virologi, di una nuova variante chiamata “indiana” (nome scientifico B.1.617)  scoperta in India appunto, la quale viene giudicata cinque volte più contagiosa del ceppo originario del Coronavirus. Per questo si  sta cercando di rimediare con inoculazioni di massa, con l’istituzione di treni per consegnare l’antidoto velocemente e con il coprifuoco. C’è preoccupazione anche in Europa e in Italia, poiché la predetta mutazione del Covid è approdata anche in Grecia e in Italia (che ha chiuso i confini con la Stato asiatico) con due casi a Bassano del Grappa (Vi), due indiani, padre e figlia rientrati nella nostra Nazione, i quali hanno adottato l’auto-isolamento e hanno avvisato le Autorità sanitarie. L’Istituto zoo profilattico delle Venezie sta esaminando la struttura biologica di altri campioni sospetti prelevati da due residenti nel veneziano. Sono in corso accertamenti anche in Emilia-Romagna e in Lazio, dove sono presenti le più grandi comunità sikh (indiani immigrati) d’Italia. Ormai del virus abbiamo avuto la mutazione inglese, quella sud-africana e la brasiliana, ora invece siamo preoccupati per la variante indiana. La raccomandazione è sempre la stessa, anche per gli individui già sottoposti ad inoculazione: lavaggio frequente delle mani e disinfezione con gel sanificante, uso dei presidi di protezione e non creare assembramenti.  
 
di Domenico Pio Abiuso
 
 

La minaccia cibernetica in Italia nell'ultima Relazione dei nostri Servizi al Parlamento

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La pandemia è stata un evento determinante in termini di impatto sulla società, sulle tecnologie in uso alla popolazione, sulla digitalizzazione di attività e servizi come pure sul conseguente ampliarsi della superficie di rischio cibernetico per l’individuo e per l’intero Sistema Paese. Si sono concretizzate ancor di più le minacce alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti. Si è evidenziato come attori ostili abbiano sfruttato, nel periodo pandemico, l’accessibilità da Internet tramite collegamenti VPN (Virtual Private Network), di risorse digitali di Ministeri, aziende di profilo strategico e infrastrutture critiche. Il Comparto, al fine di contrastare le diverse minacce cibernetiche, ha fornito informazioni su attori (statuali, strutturati, non statuali ma con sponsorizzazione statuale, criminali), vettori tecnologici, Indicatori di Compromissione (IoC), Tattiche,Tecniche e Procedure (TTP), target (istituzionali, infrastrutturali, critici e strategici), finalità (pianificate o in itinere) e azioni digitali offensive.
IL SETTORE SANITARIO
L’impegno informativo si è occupato di tutelare non solo strutture ospedaliere e centri di ricerca nazionali, ma anche le principali realtà attive nello sviluppo e nella sperimentazione di vaccini e terapie contro il Covid-19. In questo contesto, l’azione di intelligence ha rilevato tentativi di violazione di portali web e sfruttamento di vulnerabilità note e attività di phishing ma anche registrazione di domini malevoli allo scopo di ingannare gli utenti. Le intrusioni hanno riguardato in particolare operatori afferenti al settore della sanità e della ricerca, dicasteri ed altre amministrazioni dello Stato (relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2020).
TREND GENERALE DELLA MINACCIA
Per quanto riguarda le attività ostili commesse attraverso il dominio cibernetico, l’insieme dei dati raccolti dall’Intelligence ha fatto emergere un generale incremento delle aggressioni. Gli attori maggiormente interessati risultano le amministrazioni locali e ministeri titolari di funzioni critiche. Le azioni digitali ostili hanno interessato prevalentemente il settore bancario, quello farmaceutico/sanitario e dei servizi IT. Le azioni offensive di stampo hacktivista sono collegate alla rivendicazione e alla “pubblicità” posta in essere dagli attaccanti stessi, interessati ad ottenere risalto mediatico. Il complesso degli attacchi cibernetici rilevati nel 2020 ha confermato l’hacktivismo come matrice più ricorrente. I dati sulle tipologie di attacco rilevate  hanno confermato il preponderante ricorso a tecniche di SQL Injection per violare le infrastrutture informatiche delle vittime. Inoltre, attacchi Ransomware hanno coinvolto soggetti di rilievo nazionale, sia del settore sanitario che dell’industria del Made in Italy, sfruttando nuove modalità di collegamento attivate per lo smartworking. Nel 2020, rispetto all’anno precedente, c’è stato un incremento di queste azioni ostili; inoltre si è evidenziato un sostanziale azzeramento degli attacchi cyber per fini propagandistici. È stata e resta elevata l’attenzione del Comparto in direzione delle campagne con finalità di spionaggio. Queste forme di aggressione rappresentano le più insidiose per il Sistema Paese, per quanto riguarda la perdita di operatività e competitività e il dispendio di risorse economiche per la loro mitigazione.
 
di Francesca Filiberti e Raffaella Scarano