Embedded Agency >

I romanzi di Bella Maro

Valutazione attuale:  / 0
ScarsoOttimo 
In tutti i 2 volumi Ela è la protagonista principale: è Ela (Elena Doni, come è indicato quasi casualmente in una pagina de La storia di Ela), una bella e fascinosa signora o meglio ragazza; moderna, colta, realizzata nel lavoro (è una gallerista di successo) e si può dire anche nei sentimenti, in quanto si accompagna sempre o quasi a dei compagni di un certo valore, anche se, successivamente, nel suo viaggio del secondo volume le cose andranno un po’ diversamente. 
Il primo volume – La storia -  ha il carattere praticamente di un poliziesco: potremmo dire a metà fra Agatha Christie per la complessità dell’intreccio, che coinvolge numerosi personaggi del presente e soprattutto del passato della protagonista e le storie del Commissario Montalbano, dato che vi compaiono  degli ispettori di polizia, tra cui il Commissario Renzi, che non ha nulla a che vedere, ovviamente, col più famoso Matteo, che però salverà Ela, assieme al coraggioso compagno di questa Gianni, materialmente da vari pericoli (quello di un’inchiesta giudiziaria nei suoi confronti e soprattutto da una violenta aggressione da parte di un antico fidanzato di Ela, diventato ricattatore grazie a dei pezzi sottratti a Livio, lo stalker protagonista del libro).
Mi soffermo di più sul secondo volume Il viaggio di Ela. Anche se pure qui non mancano alcuni spunti polizieschi, da divertissement di  fiction, una scrittura che evidentemente piace ad Isa (nei personaggi di Flavia e Giulio), stavolta al centro ci sono - il libro inizia così - principalmente le schermaglie, le liquide passioni, gli incontri, a volte i tradimenti di 2 coppie non tradizionali, ovvero 2 donne (Ela e Chiara) e 2 uomini (Luigi e Fabio), impegnati tra di loro. A questi si aggiungono altri due personaggi principalmente: Flavia, la fisioterapista della clinica dove Ela e Chiara hanno subito un intervento e si sono incontrate, ch’e' una donna forte, del popolo, che parla in romanesco ma che è anche lei in una situazione problematica dato che è in crisi col marito Raimondo, la quale diventerà, per un breve periodo, la compagna di desiderio di Ela e poi c'è l'altro personaggio, Giulio, di cui parleremo dopo; in questo emergere, nei sentimenti dei protagonisti, dei comportamenti di  un’attuale società “liquida“, come osserva l’Autrice, (in un punto viene annotato esplicitamente:“Dopo quell'esaltante esperienza, sembrò a tutti più chiaro il concetto di società liquida…. I comportamenti stereotipati non  appartengono… ogni cosa può verificarsi, ovunque nel mondo ormai in comunicazione”. Pag.43). 
Il titolo del romanzo è Il viaggio di Ela, dato che, per vivere un’avventura diversa dalla quotidianità e per verificare magari anche lo stare insieme delle due coppie, cui si aggiunge, Flavia, in cerca di evasione, tutte queste persone si trovano ad interagire, fra di loro e con l'ambiente circostante, nel viaggio di gruppo che decidono di compiere in Africa.  Con una digressione si potrebbe osservare che il tema del viaggio costituisce indubbiamente uno dei motivi forti della letteratura mondiale: da Omero a Marco Polo, a Goethe e i narratori del Gran Tour, a Swift, Coleridge, De Maistre, al Martin Eden di Conrad e poi a Hemingway,  Kerouac, ecc., caratterizzandosi con accezioni diverse fra loro ma tutte molto significative. Nel libro, uno dei personaggi, di fronte alla bellezza di una radura africana che fa pensare ad un luogo di magia, osserva: (Qui) “Si entra più facilmente in contatto con la natura, ci si capisce meglio, si sta più vicini all'altro, si diventa più tolleranti più simpatici e forse anche amici. E' forse qui l'origine della civiltà?”  P.66, con un’osservazione che sembra riecheggiare addirittura, magari incidentalmente a causa dell’ambientazione primitiva, l’accezione antropologica del Levi Strauss, quando definisce il viaggio, tra l’altro come un “ mezzo per salvare la memoria umana” (nonostante la sua avversione iniziale per i viaggi – tradizionali –, egli osserva: “Quando si viaggia si è sempre qualcosa, qualcuno” , Tristi Tropici).
La meta del viaggio è infatti l’Africa, un luogo di assai grande interesse. Il capitolo centrale del libro s’intitola Pericoli e magie africane ed esordisce con efficacia: “ Altipiani, monti antichi di lava fossilizzati scorrevano dei finestrini del fuoristrada che avevano affittato per le escursioni. Gli operai locali erano con la schiena ficcata negli orti o accanto alle rare capre allevate. Le donne viaggiavano a piedi con pesanti ceste in perfetto equilibrio sulle loro teste. I ragazzi indossavano colorate divise scolastiche e giravano in gruppo. Erano tanti; che differenza con il dinamico mondo occidentale. Qui il tempo era rallentato. Non si avvertiva il nervosismo dell’incessante peregrinare occidentale. Si viveva il presente” Pag.39. 
Di fronte alla suggestione dell’ambiente, a questi viaggiatori certamente diversi da  quelli del passato, alloggianti in comodi e organizzati resorts e dotati di agguerritissimi smartphones sempre in azione, venivano a porgersi tante importanti domande, sul mondo e su se stessi:
“L’esito della lotta fra civiltà e natura è ancora aperto?”” Chi vince nel pericolo?” “Quali sono le vittime?” si domandava Ela. “Spazi immensi! Dubbi eterni dell'umanità!”
 E poi: “Difficili rapporti di coppia”“ Ma tu chi sei, l'amore?”” Cosa vuoi da me?” S'interrogava Luigi. “ Come mai pensi sempre a me?” Si chiedeva Fabio. “ Che vuoi che ti dica, Raimondo, é la fine? Ma la colpa non è mia” pensava Flavia. “ Questa volta durerà?” era infine l'interrogativo di Chiara. P.43 
Con una visione quasi panteistica, si osservava ancora: “  La complessità delle natura e delle sue sfumature, in quel luogo, accostava non solo i grandi animali ai più piccoli, ma anche l’acqua alle rocce e alla terra rossa. Le innocue lucertole e le farfalle giganti assumevano colori e dimensioni insolite. I rapidi scatti del cellulare di Luigi testimoniavano la presenza di piante affascinanti, di coloratissimi e divertenti piccoli rettili, dalle strane forme. La meraviglia si bloccò solo quando furono avvistate lungo il percorso orme e strani suoni inquietanti, che alimentarono la paura.” P.45.
Al di là delle suggestioni e i ricordi evidenti in relazione a  quelli che si possono considerare un po’ i classici della letteratura sull’Africa del ‘900 (Verdi colline d’Africa di E. Hemingway, citato pure nel frontespizio e La  Mia Africa di Karen Blixen), questo passo mi ha fatto pensare personalmente anche ad una mia lettura di molti anni fa: l’opera di John Steinbeck To the unknown God, Al dio sconosciuto, impregnata di forti e reali suggestioni animistiche. Il romanzo è la storia di Josef Wayne un  farmer che lascia il padre per andarsene in un territorio di nuova colonizzazione, Nuestra Senora, al confine col Messico, una terra piena ancora di simboli magici e indiani. Là egli fonda la sua azienda con i fratelli, aggregatisi a lui dopo la morte del padre, di cui, nonostante il suo abbandono, Joseph era stato il preferito e costruisce la sua casa proprio sotto un grande albero, che lui avverte come la prosecuzione della presenza del padre e con il quale inizia un vero e proprio dialogo continuo (parlando della famiglia, mostrandogli il figlio).. Le cose all'inizio vanno bene, l’azienda prospera e lui sposa Elisabeth, una bella e colta maestra, ma tutto pare cambiare quando il fratello di Joseph, Burton, un bigotto, scandalizzato dall’animismo che egli avverte in Jospeh, lascia l’azienda tagliando pure le radici del grande albero padre. Elisabeth muore cadendo da una roccia, venerata anch’essa dagli indios, sulla quale morirà alla fine lo stesso Josef, ma soprattutto il territorio, come era avvenuto dieci anni prima, ricade in una terribile totale siccità che distruggerà tutto. Mentre anche l’altro fratello Thomas lascia la valle per salvare parte del bestiame, Josef decide di restare, per alimentare con l’ultima acqua rimasta da un piccolissimo torrente il muschio-vegetazione della roccia indiana, simbolo della valle, dove è scivolata Elisabeth e infine, dopo la scomparsa anche di quello, di alimentarla col suo stesso sangue  tagliandosi le vene. A questo seguirà una grande pioggia che ridarà vita al territorio. Si tratta di un romanzo possente, tradotto in italiano da E. Montale, in quella grande transumanza di animali, individui, genti e culture che sono in particolare gli Usa degli anni 1930, che però alcune interessanti osservazioni sul magico clima africano del libro di Isabella mi hanno un po’ ricordato, anche se il suo stile è ovviamente del tutto diverso, improntato soprattutto ad una curiosa e allegra moderna vivacità (piuttosto che al dramma e alla sofferenza), in relazione forse anche, secondo me, ai suoi compagni di viaggio del romanzo, più “liquidi”, fragili e casuali, contemporanei.
Nell'ultima parte del libro si assiste al ritorno e alla ricomposizione del gruppo in una località del tutto diversa e supercivilizzata: si ritrovano infatti tutti ad Amsterdam, anche senza saperlo e per varie ragioni. Alcuni per partecipare al Gay Pride (tra loro Chiara con una nuova amica, dopo il tradimento di Ela con Flavia),  Ela e Luigi e Fabio e anche Flavia, quest’ultima col marito Raimondo, che  si trova là per regalarle un anello di diamante dopo la riconciliazione. L’incontro di Ela con Flavia è pieno di emozioni ma anche senza prospettive. In questa situazione di fine avventura ricompare Giulio, un personaggio che era stato sino ad allora quasi ai margini nel libro: un cliente di Ela, caduto innamoratissimo di questa, con la quale egli ha intessuto sin dall’inizio una corrispondenza fittissima e molto speciale, di carattere addirittura ossessivo e maniacale si potrebbe dire (tale da far ripensare a Livio, lo stalker del primo libro).
L’incontro causale di Giulio con Ela, nella città olandese, però sembra cambiare radicalmente questa situazione: dopo le sperimentazioni precedenti, Ela ha bisogno forse proprio di un rapporto di tipo tradizionale, di dedizione e stima romantica e affettiva totale: probabilmente proprio Giulio può riempire quel vuoto seguito alla fine con Flavia. Come andrà a finire la storia e come sarà domani? Non lo sappiamo. “ Nella società liquida, lasciamo che l’amore riscatti la superficialità dell’esteriorità, indaghi a fondo le nostre debolezze e penetri con sensibilità la nostra emotività e identità” conclude Isa (ma con quale tipo di amore?). Nelle nostre incertezze attuali, anche questa è un’ipotesi di lavoro. Le due storie insieme si presterebbero bene, secondo me, ad una sceneggiatura tipo di un film di Ozpetek.
 
di Stefano Lepre