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La Catalogna ad un bivio

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Negli ultimi giorni si è sentito molto parlare dei disordini avvenuti in Catalogna, provocati dalla volontà di quest’ultima di rendersi indipendente e non essere più assoggettata al governo di Madrid. Notizia che ha causato non poco scalpore tra la collettività Europea, soprattutto dopo la violenta reazione da parte della cosiddetta “Guardia Civil” ovvero la polizia spagnola che risponde direttamente al governo centrale.  Ma a cosa è dovuta questa, apparentemente improvvisa, onda patriottica da parte dei cittadini catalani? Partendo dal principio, la Catalogna è una comunità spagnola che gode di una certa autonomia. Di conseguenza l’area possiede un proprio parlamento ed un proprio governo, con a capo il presidente. Nonostante, però, ci sia un’ampia autogestione, la comunità risponde ugualmente all’ordinamento giuridico nazionale ed alla corte costituzionale. Ciò che però rende davvero importante la regione è l’enorme quantità di ricchezza che viene prodotta al sui interno, infatti oltre un quinto del PIL spagnolo deriva dalla Catalogna, con un valore pari a circa 200 miliardi di euro ed oltre 600mila imprese attive, numeri paragonabili a quelli del solo Portogallo. Ma i dati positivi non sono finiti. Le esportazioni sono in aumento dal 2003 arrivando fino al 35% del prodotto interno lordo con il solo settore industriale che risulta presente per oltre il 21% della ricchezza totale, addirittura più della Spagna. Sono anche aumentati i posti di lavoro con costante diminuzione della disoccupazione giovanile. Insomma un vero e proprio modello economico che punta prevalentemente al settore dei trasporti, chimico ma anche farmaceutico. È osservabile però che anche il debito pubblico è cresciuto, seppur in misura proporzionale, per oltre tre volte la media europea. Ed è qui che gran parte del popolo si è accorto dell’autosufficienza della propria regione arrivando più volte a chiedere e manifestare per la sua indipendenza e facendo leva sulla motivazione secondo la quale potrebbero gestire e reinvestire autonomamente i ricavi provenienti dalle proprie imprese piuttosto che versarli al fisco spagnolo. A questo punto, dopo molte proposte arrivate dal governo catalano e respinte dal governo centrale, il 9 giugno 2017 una legge del parlamento regionale ha indetto un referendum di indipendenza di natura vincolante da svolgersi il primo ottobre dello stesso anno. Veloce e schietta è stata la risposta di Madrid che ha dichiarato subito anticostituzionale tale decisione, mettendo rapidamente al bando la proposta di referendum. Oltre il 42% del popolo catalano, però, non l’ha pensata allo stesso modo, decidendo lo stesso di votare andando di fatto contro gli ordini dello governo di riferimento. I risultati sono stati quelli a cui tutti hanno assistito; abuso di violenza da parte della polizia spagnola mandata direttamente da Madrid per ostacolare il voto, attraverso un uso eccessivo della forza in nome della legalità. Deludente è stato, invece, il silenzio dei vertici europei nei confronti di una così brutale reazione. Al di là dei disordini più volte condannati dall’opinione pubblica c’è da dire che molte società catalane adesso temono risvolti negativi sui proprio volumi d’affari se dovesse esserci l’effettiva secessione. Si, perché anche se il referendum è stato dichiarato illegale, il premier Catalano Puigdemont potrebbe indire una dichiarazione di indipendenza unilaterale. Il parlamento europeo prova a scoraggiare il governo regionale dichiarando che anche se ciò dovesse accadere, la Catalogna non sarà ugualmente riconosciuta come paese nello scenario internazionale. Questo però non importa alle grandi società quotate in borsa che vedono il reale pericolo di subire perdite legate ad un possibile scenario semi-indipendentista, di conseguenza grossi colossi bancari come Caixabank e Banco Sabadell, il cui valore complessivo di mercato supera i 35 miliardi, hanno chiesto di poter spostare la propria sede legale fuori dalla Catalogna. Questo ha causato un vero e proprio effetto domino, trascinando non solo il settore bancario ma anche quello industriale e dei servizi, difatti anche Abertis, società da 16 miliardi leader nei traporti, e Gas Natural, colosso dei servizi dal valore di 20 miliardi, hanno chiesto di poter trasferire formalmente la loro collocazione. Inoltre le agenzie di rating Moody’s e Fitch si preparano a tagliare il giudizio di solidità economica della Catalogna se il premier dovesse formalizzare l’indipendenza. Ciò causerebbe un sostanziale paradosso perché le ragioni per cui il popolo ha chiesto l’indipendenza non sarebbero più valide in quanto, se le società sopracitate dovessero realmente attuare una fuga di capitali, la Catalogna non potrebbe più vantare utili e risultati finora dimostrati nei confronti della Spagna.

di Gabriele Calabrese