Hollande e Sarkozy. La Primavera e l'Autunno

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Creato Martedì, 22 Maggio 2012 11:28
Ultima modifica il Martedì, 10 Marzo 2015 13:53
Pubblicato Martedì, 22 Maggio 2012 11:28
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PARIGI. Il Sarkozy di oggi ha il corpo pieno di lividi, ma ha trovato la maturità per lanciare all’opinione pubblica un messaggio di riconciliazione. Il Sarkozy di cinque anni fa era una sorta di miscuglio tra «Veni, Vidi, Vici» e Louis De Funès, tra il «De Bello Gallico» e le commedie sui poliziotti di Saint-Tropez. Era un seducente spaccone, come certi personaggi cari a Belmondo. In realtà era più spaccone che seducente, come hanno mostrato le sue mosse del 2007, all’indomani dell’elezione alla massima carica della République. Dalla scelta di festeggiare il successo nell’esclusivo ristorante Fouquet’s a quella di partire una settimana in vacanza a bordo dello yacht dell’industriale Bolloré (nelle acque di Malta, dove ogni giorno il cortese imprenditore gli inviava la posta e il pane fresco da Parigi, col suo jet privato) passando per le scene di jogging davanti alle telecamere, che per l’osservatore italiano avevano un’impressionante aria da Cinegiornale Luce. Senza dimenticare quel giorno in cui il superuomo Sarkozy, in visita in Camargue, fu protagonista di un numero da cavallerizzo, infliggendo all’equino una passeggiata di fronte alla schiera dei giornalisti, ammassati come animali nelle scuderie (in cui i fotografi si sentivano più a disagio dei quadrupedi, anche perché in numero decisamente maggiore). Nel suo film «L’ultimo imperatore» Bernardo Bertolucci fa dire al protagonista che «gli uomini non cambiano mai». Sarà perché – a differenza dell’ultimo imperatore cinese – Sarkozy ha vissuto davvero il potere, ma il presidente uscente sembra cambiato rispetto al 2007. Il Sarkozy di oggi cerca di far dimenticare certi suoi atteggiamenti tracotanti e certi sbagli che gli sono costati cari al momento delle urne: come il suo (fallito) tentativo di imporre la nomina del figlio Jean alla presidenza di un ente pubblico nel quale il giovanotto (in base ai suoi titoli accademici, zoppicanti pur non provenendo da università albanesi) non avrebbe potuto essere assunto neppure col contratto a termine di stagista. Adesso Sarkozy è più consensuale che in passato. L’8 maggio ha voluto la compagnia del suo successore socialista Hollande al momento di inchinarsi al milite ignoto in occasione della festa nazionale. I suoi interventi pubblici e privati esprimono l’emozione di un uomo ferito e per questo più maturo. Dice di voler diventare «un cittadino come gli altri». Ma non è escluso che nel 2017 cerchi la rivincita in una nuova sfida elettorale con Hollande per riprendersi il suo amato Eliseo. In politica non bisogna mai dire mai. Hollande ha vinto e si prepara alle elezioni di giugno per il rinnovo dell’Assemblea nazionale. Le possibilità sono tre : o i socialisti avranno da soli la maggioranza assoluta (cosa difficile, ma non impossibile) e allora il nuovo presidente disporrà di uno straordinario margine di manovra ; o i socialisti dovranno formare un governo di coalizione con la sinistra più radicale (Verdi e comunisti) e allora Hollande dovrà dimostrare la sua nota abilità di mediatore ; o la maggioranza parlamentare resterà a destra (cosa poco probabile) e allora Hollande sarà costretto a coabitare con un governo di segno politico opposto al suo. Comunque Hollande non vivrà tempi facili, anche perché in Francia la crisi è grave quasi come in Italia. In campo europeo, Hollande cercherà in ogni modo di ottenere dalla Merkel l’assenso ad alcuni provvedimenti di stampo keynesiano, che mal si conciliano con l’attuale allarme generalizzato sul fronte del debito pubblico. La ricetta di Hollande è quella di un’intesa comunitaria per l’emissione di titoli pubblici che sarebbero garantiti tutti insieme dai paesi europei e che dunque non porrebbero problemi di spread. Essendo la Germania membro di questo gruppo, il tasso d’interesse sarebbe per forza di cose limitato e al tempo stesso si coniugherebbe con un messaggio di coesione di fronte alla crisi. Con i proventi di quell’emissione di titoli pubblici verrebbe finanziato un programma di iniziative sul fronte delle infrastrutture, della ricerca e dell’energia. Ovviamente tutto dipende dalla Germania, che per adesso da quell’orecchio proprio non sente. Ma i tempi possono cambiare, proprio come gli uomini.

 

di Alberto Toscano