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Il Kosovo in allerta per l’insediamento del patriarca serbo Irenej

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L’incognita legata a delle possibili nuove tensioni tra serbi e albanesi è stata sciolta. La minaccia paventata prima dell’evento è rientrata immediatamente. La sicurezza e la pace duratura in Kosovo sono state ribadite. Tutto ciò grazie all’intronizzazione, nel patriarcato di Pec, del 45° patriarca serbo Irenej, avvenuta per la prima volta in Kosovo, dopo la dichiarazione unilaterale d’indipendenza.

Alla cerimonia erano presenti circa 5000 persone sotto l’occhio vigile dei militari di KFOR, KP, EULEX e soprattutto delle organizzazioni  internazionali come l’OSCE.

Si temeva il peggio vista la presenza delle massime autorità serbe a cominciare dal presidente Tadic e la decisione da parte della chiesa ortodossa serba che ha invitato soltanto i rappresentanti musulmani e cattolici della chiesa in Kosovo, ma non i rappresentati politici, o meglio le massime autorità del governo kosovaro che la chiesa ortodossa come del resto l’intera Serbia non riconosce.

Eppure qualche autorità politica kosovara è riuscita comunque ad infilarsi tra i presenti senza però causare alcun danno. Non dimentichiamoci che lo stesso Kosovo vive momenti difficili legati alla politica interna dopo le recenti dimissioni del presidente Fatmir Sejdiu.

La cerimonia si è svolta pacificamente e l’ottuagenario Irenej ha potuto dare il suo messaggio al termine senza particolari ansie: “Auguri a tutti i serbi che sono presenti qui e in ogni altro luogo del mondo. Speriamo di avere giorni migliori per il nostro futuro”.

Il messaggio distensivo del nuovo patriarca che succede al deceduto Plave, sembra dare speranza ad una politica di dialogo tra il Kosovo e la Serbia affinché entrambe le parti possano convivere.

Per fare ciò c’è bisogno che diversi ostacoli vadano superati. Certamente l’asse Belgrado-Pristina deve funzionare al meglio. Purtroppo a livello sociale nonostante molti serbi siano rientrati in Kosovo e alcuni di questi entrati a far parte di amministrazioni locali, tra la gente albanese cova ancora la rabbia o meglio l’indignazione per alcune questioni ancora irrisolte. E’ il caso del massacro di Meje, vicino Gjakova avvenuto nel lontano 27 aprile 1999.

In quell’occasione vennero uccisi e dispersi 376 albanesi, 101 cattolici e 275 musulmani. All’appello mancano ancora 21 corpi.

La riuscita di un evento così importante come la cerimonia di inaugurazione del patriarca Irenej può solo far bene alla popolazione serba e kosovara ormai stanca della guerra

Le diversità religiose ed etniche esistono ed esisteranno sempre ma la capacità di dialogare resta un punto incontrovertibile da cui partire.

 

 

 

 

Dal nostro inviato a Pec/Peja

Roberto Colella