Libertà di stampa, fino a che punto?
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- Creato Mercoledì, 11 Maggio 2022 07:27
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- Pubblicato Mercoledì, 11 Maggio 2022 07:27
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Il 3 maggio, in occasione della giornata mondiale della libertà di stampa, il World Press Freedom Index ha pubblicato i dati relativi all’analisi realizzata dal Reporter Sans Frontieres, il quale ha studiato la libertà di stampa a livello globale e l’ha classificata rispetto a cinque diversi parametri: contesto politico, legale, economico, socioculturale e di sicurezza. Il nostro Paese ha perso, in un solo anno, 17 posizioni, scendendo dalla quarantunesima alla cinquantottesima posizione. Il nord Europa apre la classifica con Norvegia, Danimarca e Svezia. L’Italia, superata anche da Gambia e Suriname, si inserisce tra la Macedonia del Nord e il Niger. Un cambio di rotta che inverte una tendenza positiva iniziata nel 2016, che vedeva l’Italia risalire dalla settantasettesima posizione fino alla quarantunesima. Si legge nel report che la motivazione di questo crollo è legata all’autocensura: “i giornalisti (italiani, ndr) a volte cedono alla tentazione di autocensurarsi, o per conformarsi alla linea editoriale della propria testata giornalistica, o per evitare una denuncia per diffamazione o altre forme di azione legale, o per paura di rappresaglie da parte di gruppi estremisti o della criminalità organizzata”. Sarebbero infatti 44 le intimidazioni ai giornalisti italiani nei primi tre mesi del 2022. I giornalisti in Italia incontrano tanti limiti nell’esercizio del loro lavoro e poca tutela legislativa. Inoltre, pesano le problematiche economiche che costringono i giornali ad avere una dipendenza dagli introiti pubblicitari. E poi c’è la pandemia, che ha reso più complesso per i media nazionali l’accesso ai dati. Ma dove finisce la libertà di stampa e inizia la censura? L’Unione Europea ha acceso i riflettori sulla tendenza italiana a dare grande spazio ai giornalisti russi nei talk show. “Le emittenti in Italia e negli altri Stati membri non devono permettere l’incitamento alla violenza, l’odio e la propaganda russa nei loro programmi, come previsto dalla direttiva UE”, ha avvertito il portavoce della Commissione per il Digitale, Johannes Bahrke. Quanto puntualizzato dalla Commissione Europea arriva sull’onda lunga delle polemiche per l’invito del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, al programma Zona Bianca su Rete 4, in cui si è verificato un intervento senza contraddittorio, con annesso “buon lavoro” pronunciato in chiusa finale dal conduttore a favore del ministro russo. Anche il premier Draghi ha speso un breve intervento in conferenza stampa per sottolineare come quello andato in onda su Mediaset sia stato uno spettacolo poco gradevole, ma che in Italia è possibile perché vi è la libertà di espressione a differenza della Russia. Infatti, da quando Putin è salito al potere (1999) sarebbero 31 i giornalisti uccisi in Russia, secondo i dati documentati dal Comitato per la protezione dei giornalisti. Un capitolo iniziato con l’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya (alla cui memoria è oggi intitolata la sala stampa del Parlamento Europeo in Bruxelles). Politkovskaya aveva accusava Putin di aver fatto della Russia uno stato di polizia. L’ultima vittima avrebbe potuto essere Aleksej Naval'nyj, il principale oppositore politico di Putin in Russia, se non fosse stato salvato dai medici del Charité Hospital di Berlino. Naval'nyj perde conoscenza e cade sulla moquette del corridoio di un aereo low-cost nel cielo della Siberia. La televisione di stato russa ha dato una visione diversa, parlando di intossicazione. Oggi l’attivista e blogger russo, accusato e condannato per appropriazione indebita e di oltraggio alla Corte, sconta la sua pena in un carcere di massima sicurezza, dopo un processo farsa.
Inutile dire che la Russia occupi una delle ultime posizioni, è al 155º posto, su 180. Il quadro completo emerso dall’analisi annuale è critico: nel mondo si registra un aumento del 20% degli arresti di giornalisti rispetto allo scorso anno. Solo nel 2021 sono stati imprigionati in tutto il mondo 488 giornalisti e operatori dell’informazione mentre svolgevano il loro lavoro. Le situazioni più gravi si riscontrano in Bielorussia, Myanmar e Cina.
Di Daniele Leonardi
L'indifferenza è il peso morto della storia
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- Creato Sabato, 30 Aprile 2022 10:24
- Ultima modifica il Sabato, 30 Aprile 2022 10:25
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L’Anniversario della Liberazione d'Italia avvenuto pochi giorni fa ci offre lo spunto per ricordare le parole di un partigiano, Antonio Gramsci, il quale diceva che vivere è prendere posizione. Nello specifico, nel testo “11 febbraio 1917” egli scrive che il male non lo fanno solo i pochi che lo vogliono ma anche coloro che consentono, con il silenzio omertoso, che esso vada avanti. Egli diceva che “l’indifferenza opera potentemente nella storia”. Parlava di indifferenza ma anche di ipocrisia, quella che spesso circonda l’uso e la vendita delle armi. In questi due mesi di guerra in Ucraina abbiamo sentito dalla diplomazia occidentale parlare solo di armi. Le stesse, alla cui fabbricazione, lo Stato italiano non ha rinunciato, nemmeno durante il lockdown. Gli stabilimenti, infatti, sono rimasti aperti in quanto ritenuti attività di prima necessità. Come se non bastasse, l’Italia si è impegnata a portare le spese militari al 2 per cento del PIL (ora siamo all’1,41 per cento), dapprima entro il 2024 e poi in una più graduale crescita entro il 2028. In realtà, i paesi della NATO cominciarono a parlare della necessità di destinare il 2 per cento del PIL di ciascun paese alle spese militari già nel lontano 2006, al vertice NATO di Riga, in Lettonia. In questo modo, in Italia, le spese annuali dovrebbero passare dagli attuali 25 miliardi di euro a 38 milioni. Tuttavia, non vi è ancora un piano sulla ridistribuzione di queste nuove risorse. La speranza è che un aumento delle spese per la difesa non rappresenti una nuova corsa agli armamenti. Le armi uccidono e distruggono, per la semplice ragione che nascono per questo. Sapere che l’Italia vende gli strumenti necessari affinché ci possa essere una guerra fa male al nostro senso di colpa. Tutto quello che non vogliamo vedere va nascosto. E così, mentre lo Stato vende armi di distruzione, noi siamo persi nelle armi mediatiche di distrazione, perché l’opinione pubblica deve sopire, non essere partecipe. E allora tornano in mente le parole di Antonio Gramsci: “Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa”. Ragione per cui va bene anche il segreto di Stato sulle armi che inviamo all’Ucraina. Il governo italiano ha deciso di schierarsi con l’Ucraina, ma questa non è l’unica guerra in cui abbiamo preso posizione. Decidendo a chi vendere le armi, decidiamo da che parte del conflitto stare. Il principale acquirente degli armamenti italiani è l’Egitto. Non dobbiamo dimenticare però anche Qatar, Turchia e Kuwait, solo per citarne alcuni. Negli anni scorsi, l’Italia ha venduto armi e sistemi militari alla colazione saudita nella guerra contro lo Yemen, salvo poi, tornare indietro sui suoi passi per l’indignazione dell’opinione pubblica e dell’organizzazione per i diritti umani. Se ciò non fosse avvenuto, altri bambini e civili yemeniti sarebbero morti sotto le bombe che portavano il codice A4447, riconducibili alla fabbrica di armi in Sardegna. E quindi, si, “l’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera”.
La produzione di armi è un business. E l’Italia ama questo tipo di business.
La legge n. 185 del 1990 stabilisce infatti che le esportazioni di armamenti “devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia” e che “le operazioni devono essere regolamentate dallo Stato secondo i princìpi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
La produzione militare italiana, secondo quanto specificato pocanzi, dovrebbe essere indirizzata alla sola difesa e sicurezza del nostro Paese. Eppure, l’Italia è presente nelle aree di maggior tensione del mondo. Quella del business degli armamenti non può più essere un tema marginale. Non in una democrazia. Un’opinione pubblica che ripudia la guerra, deve farlo in ogni suo aspetto, perché l’indifferenza permette e alimenta le ingiustizie. Perché la storia va avanti per il male voluto da pochi e il silenzio omertoso dei tanti.
di Daniele Leonardi
Sig Sauer vince la gara d'appalto per la produzione di armi della squadra dell'esercito next-generation squad weapons (NGSW) and ammunition
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- Creato Lunedì, 25 Aprile 2022 21:04
- Ultima modifica il Lunedì, 25 Aprile 2022 21:07
- Pubblicato Lunedì, 25 Aprile 2022 21:04
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La Sig Sauer si è aggiudicata il potenziale contratto decennale da 4,5 miliardi di dollari dallo US Army per la produzione di due varianti di armi di squadra di nuova generazione con munizioni comuni da 6,8 millimetri e sistema di controllo del fuoco. Il Dipartimento della Difesa ha rivelato giovedì scorso il valore del contratto a prezzo fisso che copre la produzione delle nuove armi: l' XM5 NGSW (fucile d'assalto) e l' XM250 NGSW Automatic (mitragliatrice di squadra). I fucili sostituiranno la carabina M4/M4A1 e l'arma automatica M249 Squad, ma solo per le squadre di prima linea, mentre i normali ranghi dell'Esercito manterranno le armi in uso. Quindi si avrà una complicazione della logistica, almeno in questa prima fase (un calibro e due nuove armi in più). Sig Sauer fornirà anche pezzi di ricambio, accessori e supporto per gli appaltatori e la società riceverà un ordine di consegna iniziale di 20,4 milioni di dollari per fornire munizioni e armi per i test, ha affermato martedì l'esercito. La produzione infatti dovrà attendere ulteriori valutazione dei primi modelli che entreranno in produzione.
Anche altre filiali militari statunitensi e clienti stranieri potranno acquistare le nuove armi da fuoco attraverso lo stesso contratto. Il premio è stato assegnato dopo un periodo di valutazione e test di 27 mesi che ha consentito ai militari di provare tre prototipi di armi. Gli altri contendenti erano Textron Systems e LoneStar Future Weapons che hanno offerto gli altri prototipi. La Textron ha abbandonato il concorso prematuramente, mentre dopo alcune prove tecniche del prototipo originale, la General Dynamics ha ceduto il suo progetto a LoneStar Future Weapons, che ha attivamente collaborato con la Beretta BDT per la produzione di serie. Oggi, con l'aggiudicazione alla Sig Sauer, La Lonestar (e la Beretta) sono risultate sconfitte.
Sig Sauer quindi, che già ha "soffiato" alla Beretta nel 2017 il contratto per sostituire la pistola M9 dell'esercito con un nuovo sistema modulare di pistole (M17 e M18), si è aggiudicata un altro importante contratto.
Sia la XM5 e XM250 sono entrambe armi leggere che potrebbero mitigare il rinculo e fornire miglioramenti delle capacità in termini di letalità, portata e precisione per le forze di combattimento ravvicinate. La caratteristica della nuova arma è la munizione 6,8x51mm tipo Hybrid metallic, rispetto alla innovativa soluzione in tecnopolimeri offerta da Lonestar.
Tali armi avranno maggiore potenza, precisione e letalità rispetto ai 5,56 e 7,62 Nato. Inoltre, viene bocciata la soluzione tipo Bullpup (caricatore dietro, canna più lunga) in favore della configurazione più tradizione e manovrabile. D'altronde, negli USA tale configurazione non era mai decollata. Entrambe le armi saranno integrate con il robusto sistema di controllo del fuoco XM157 prodotto da Vortex Optics, capace di aumentare la precisione e la letalità per la squadra di combattimento. E' dotato di ottica ad ingrandimento variabile ad 1X8, reticolo inciso di riserva, telemetro laser, calcolatore balistico, sensori atmosferici, bussola, Wireless, laser di puntamento funzionante in condizioni di visibilità e a infrarossi e un display digitale in sovrimpressione. A questo punto anche altri eserciti dovrebbero orientarsi verso tale soluzione. L'Esercito italiano potrebbe proporre una versione dell'ARX 200 con tale nuovo calibro, o acquisire nuovi tipi di arma. Attualmente, il Segretariato della Difesa sta valutando Fucili d’assalto multicalibro 5,56×45 mm/.300 BLK e personal defense weapons calibro 300 BLK con relativi soppressori per le forze speciali e nuovi visori notturni per Aeronautica e Marina.
Nel frattempo la produzione di armi più convenzionali non si ferma affatto: l'Usaf ha comunicato che sono in fase di consegna nuovi fucili da Designed Marksman da 7,62x51mm in sostituzione di M24 ed anche di M110 utilizzzati da altri reparti, mentre il Dipartimento della Difesa USA in febbraio ha ordinato nuove mitragliatrici M240L (versione 7,62x51Nato) dotate di migliorie tecniche, per 50 milioni di $, con consegne fino al 2027.
di Antonio Frate
Dietro Guernica c’è Mariupol
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- Creato Sabato, 09 Aprile 2022 11:53
- Ultima modifica il Sabato, 09 Aprile 2022 11:54
- Pubblicato Sabato, 09 Aprile 2022 11:53
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La terra trema, la gente scappa. Il terremoto a Mariupol si è abbattuto dall’alto.
Quel bombardamento civile di cui raccontava Picasso in Guernica ha trovato nuova vita in Ucraina. A Mariupol c’è la storia che si ripete.
Sulla capitale religiosa e storica dei paesi baschi si abbatterono aerei tedeschi e italiani nell’aprile 1937. Anche italiani, perché nessun popolo è sottratto da responsabilità, tantomeno noi. Perché l’indignazione che proviamo verso le morti innocenti ucraine deve essere la stessa dei bambini colpiti dai bombardamenti in Siria o in Yemen, perché non esistono vittime di serie A o di serie B. Perché le guerre sono tutte uguali: Guernica è Mariupol, ma anche Vietnam, Afghanistan, Yemen, Palestina, Bosnia, Siria, Cecenia.
Vittorio Arrigoni, attivista filopalestinese, oltreché giornalista e scrittore italiano, diceva che “il silenzio del «mondo civile» è molto più assordante delle esplosioni che ricoprono la città come un sudario di terrore e morte”. Egli parlava di silenzio, lo stesso che ha dipinto Picasso, perché nel silenzio c’è l’ipocrisia. Quell’ipocrisia che ha visto, negli stessi minuti, gli aerei russi bombardare l’ospedale pediatrico di Mariupol e Putin discutere di diritti dell’infanzia dei bambini delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk. Questa triste verità, che conosceva bene Picasso, è da lui rappresentata nel dipinto dal cavallo centrale raffigurato con una texture che ricorda le pagine dei giornali: quella stampa di regime, che, nel negare l’accaduto, ha ucciso al pari delle bombe. Quell’ipocrisia che ha visto il riconoscimento dei bombardamenti di Guernica solo nel processo di Norimberga, in cui, tra l’altro, si è anche appurato che si trattava di un test: “Guernica fu per la Lutwaffe un terreno di prova. Non conoscevamo un luogo più adatto per far compiere un test ai nostri bombardieri”. Queste le parole di Hermann Goering, allora generale tedesco.
Forse perché la storia è ciclica, la Russia ha fatto lo stesso a Mariupol. Perché se bombardi un ospedale è un test. Un messaggio rivolto all’occidente, visto indebolito dalla democrazia, per testare la sua capacità di sopportare l’orrore. Ma se è vero che ci si abitua a tutto, a tutto non ci si può abituare. Infatti, secondo la filosofa Susan Sontag, “la nostra capacità di sopportare il crescente grottesco delle immagini e delle parole scritte ha un prezzo oneroso. Alla lunga non è una liberazione ma una riduzione dell’io: una pseudo-familiarità con l’orribile rafforza l’alienazione e diminuisce la nostra capacità di reagire ad esso nella realtà”. Ci siamo abituati a vedere nella nostra quotidianità le immagini della guerra facendo finta di nulla, perché in fondo la guerra era fisicamente e culturalmente lontana e, quindi, «giustificabile». Ora è caduta una bomba sull’Europa, che ci ha svegliato da un sonno apparente.
Nel Donbass e nel mondo si combatte per dei confini, ma Vittorio Arrigoni ci ha insegnato che quest’ultimi non esistono, che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, quella umana. La guerra non è scoppiata oggi, è solo più vicina.
Daniele Leonardi
Russia vs Ucraina, armamenti a confronto
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- Creato Lunedì, 21 Febbraio 2022 17:59
- Ultima modifica il Venerdì, 18 Marzo 2022 17:53
- Pubblicato Lunedì, 21 Febbraio 2022 17:59
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In vista delle sempre più preoccupanti tensioni nell'Est europeo, possiamo fare un riassuntivo paragone tra le forze armate di Ucraina e Russia.
Per quanto riguarda l'Ucraina, il personale dell'esercito risulta essere di 169.000 unità.
I mezzi terrestri ammontano a 832 carri armati, tra T 64, T 64 BM, T 80 e T 84; i veicoli AFV sono del tipo BTR 70, BTR 80, SBA Novator e BTR 4; gli IFV (10.135 unità) sono BMP 1, BMP 2, BM 27 e altri.
L'aeronautica conta 300 velivoli circa tra cui: aerei: MiG-29, Su-27, Su-25, Su-24, Su-24МР, L-39, Il-76, An-26, An-24, An-30, Tu-134; 155 elicotteri MI-8, MI-9, con commesse occidentali aggiuntive non ancora effettuate (H225 e H 145). Sistemi missilistici antiaerei: S-300 e Buk con modifiche; droni: Furia, Bayraktar.
Fino al 2013, la Marina militare delle forze armate ucraine era di 14.700 effettivi, composta da 22 navi da guerra e barche, 11 aerei ed elicotteri antiaerei, 40 carri armati, 199 veicoli da combattimento corazzati e 54 sistemi di artiglieria con un calibro di oltre 100 millimetri. A seguito dell'intervento russo del 2014, la Marina militare ucraina ha perso gran parte delle sue navi e del personale, nonché sono state perse le infrastrutture militari situate nel territorio della Crimea. Le armi in dotazione principali annoverano: pistole Fot 12 e 15 cal. 9x18, fucili bullpup Fort 221 e 224 cal. 5,45 x39; shotgun Fort 500, sniper Fort 301 cal 5,56 Nato e VPR 308 cal. 7,62 Nato; mitragliatrici Fort 401 cal. 5,56 Nato e UAG 40mm. Lanciarazzi Skif da 152 mm, Stugnav 100mm, Baryer 130mm e Korsar 105mm. Infine vari autocarri Kamaz e Maz.
La Russia invece conta un esercito di 774.500 unità e 45.000 mezzi corazzati e blindati; la Marina 160.000 unità di personale e 850 navi, l'Aeronautica 4000 mezzi. In particolare si annoverano: i modernissimi carri T 14, in numero di 100; circa 550 T 90 versione A e M, MS; T 80 e T 72; IFV BMP 1, 2 e 3; numerosi tipi di lanciamissili controcarro Kornet T e D, Khrizantema. Gli impressionanti lanciarazzi multipli BM 21, BM 27 e BM 30 Smerch, TOS- 1 Buratino;, gli ancor più avanzati Tornado G (versioni S e Uragan 1M in ordine); veicoli kamaz e BTR di vario tipo; obici semoventi in gran parte da 152 mm. UAV Orlan-10.
L'Aeronautica è basata sui caccia della serie Flanker Su 27, 30, 34, 35, con i moderni Su 57 ancora in gran parte da consegnare, i Mig 29, gli ipersonoci Mig 31. Per la deterrenza nucleare si contano i TU 95, i TU 160 e Tu 22 antiportaerei. Tra gli elicotteri numerosi sono i Mi 8, Mi 17, Mi 35. Gli Alligar Ka 52 sono già stati consegnati in gran numero. Importanti sono i sistemi di difesa S 400 (capaci di intercettare caccia stealth), S 350 e 350, piattaforme Pantsir 1 e 2.
In Marina si distinguono soprattutto un buon numero di cacciatorpediniere, incrociatori e i ben famosi sottomarini, sia nucleari balistici (Borei e Delta IV), lanciamissili da crociera e d'attacco (ad esempio gli Akula II e III), nonché sommergibili convenzionali. La Marina annovera anche numerosi velivoli tra cui i famosi Su 33, Mig 29 e elicotteri Kamov 27, 29 e 31. La disparità di potenza è quindi evidente, ma occorre considerare che l'Ucraina è palesemente supportata dalla Nato.
di Antonio Frate
I nuovi sottomarini U212 NFS della Marina Militare
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- Creato Giovedì, 13 Gennaio 2022 13:57
- Ultima modifica il Giovedì, 13 Gennaio 2022 14:25
- Pubblicato Giovedì, 13 Gennaio 2022 13:57
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Il giorno 11 gennaio 2022 si è tenuta presso il Cantiere Integrato Fincantieri di Muggiano (La Spezia) la cerimonia di varo della fase produttiva dell'U212 NFS. Il programma sarà gestito tramite l'OCCAR, che con 20 anni di esperienza ha una comprovata esperienza nel soddisfare e superare le richieste dei suoi Stati partecipanti nello stabilire nuovi programmi e fornire nuove capacità di difesa. OCCAR assicurerà che lo sviluppo del Programma sia in linea con i più avanzati criteri di System Engineering, Through Life Management, Risk Management e Qualità. Ciò contribuirà a portare il programma alla ribalta dell'attenzione internazionale. Già il 29 novembre 2021, presso la sede della Divisione Programma U212 NFS (Near Future Submarine) a Roma, il Direttore dell'OCCAR ha presentato l'organizzazione e ha fornito una panoramica del portfolio dei Programmi. Si è concentrato sul Programma U212 NFS, le relazioni in corso con le Organizzazioni Partner Internazionali (nel Defence Cooperation Framework) e le opportunità future. Il programma U212 NFS (Near Future Submarine) è il progetto sottomarino più ambizioso e innovativo intrapreso dall'Italia. La proprietà intellettuale dell’U-212 NFS appartiene alla stessa Fincantieri, quindi il progetto garantisce il ritorno alla progettazione e produzione sovrana di sottomarini AIP dell'industria italiana. Il Programma U212 NFS potrebbe integrare ulteriori Nazioni partecipanti che desiderano cooperare nel settore sottomarino, comprese quelle che attualmente non sono Stati membri dell'OCCAR. I nuovi sistemi innovativi saranno anche adattati in vista del retrofit di unità precedenti. Il progetto è un’evoluzione del programma U212A, condotto in collaborazione con i tedeschi di Thyssenkrupp Marine Systems (Tkms), che ha portato alla realizzazione dei sottomarini– “Todaro”, “Scire'”, “Venuti” e “Romei”, consegnati da Fincantieri tra il 2006 e il 2017 – e di sei tedeschi. I 4 nuovi sottomarini U 212 NFS rimpiazzeranno i classe SAURO 3a e 4a serie (PELOSI, PRINI, LONGOBARDO e GAZZANA PRIAROGGIA) ancora in servizio per mantenere la componente subacquea costituita da 8 unità (come previsto anche dalle “Linee di indirizzo strategico” 2019-2034 della MM).
I COMPITI ASSEGNATI- Il Programma U212 NFS svolgerà quotidianamente molti compiti diversi a beneficio dell'Italia, della NATO e della UE. I compiti spazieranno dalle missioni puramente militari alle operazioni relative alla sicurezza delle rotte di approvvigionamento energetico (per la presenza di risorse dei fondali marini o alle infrastrutture sottomarine), alla difesa delle frontiere esterne e salvaguardare le infrastrutture marittime, comprese le infrastrutture essenziali offshore e subacquee, alla libertà di navigazione, all'antipirateria, al rispetto del diritto internazionale, alla lotta al terrorismo.
I COSTI- Il valore complessivo del contratto per i primi due battelli, che dovrebbero essere consegnati rispettivamente nel 2027 e nel 2029, comprensivo di supporto logistico decennale, è di 1,35 miliardi di euro. Il contratto copre anche l’opzione per una seconda coppia di battelli, da consegnare successivamente. Il valore complessivo della commessa raggiunge quindi i 2,3 miliardi.
PRIMA BATTERIA AGLI IONI-LITIO INTRODOTTA SU UN SOTTOMARINO EUROPEO- Mentre l'U 212A monta una batteria al piombo (EnerSys-Hawker (Hagen), in Italia è stato avviato un programma militare di ricerca sulle batterie agli ioni di litio. Non occuperà un volume maggiore di quello occupato dalla batteria al piombo. La tecnologia LiFePO4 (Litio Ferro Fosfato) garantirà più stabilità alle alte temperature e ai vincoli meccanici, aderendo ai requisiti di sicurezza militare per quanto riguarda la prevenzione dei rischi incendio ed esplosione. La futura batteria LiFePO4 sarà composta da un certo numero di celle da 65 Ah collegate in serie e racchiuse secondo un numero indeterminato in una cassa di acciaio inossidabile. Il suo ruolo sarà quello di fornire protezione antiurto alle celle e di assicurare un gradiente di temperatura uniforme. Un circuito di raffreddamento attraversa ogni scatola, con l'aggiunta di dispositivi di sicurezza passivi e attivi. Temperatura, corrente e tensione sono monitorate per poter isolare celle che registrano scostamenti di funzionamento eccessivamente grandi dal range di funzionamento della batteria, al fine di proteggere le celle adiacenti. Sono state adottate misure contro l’invecchiamento chimico e meccanico. La batteria beneficerà di un’architettura aperta. Il LiFePO4 nasce all’Università del Texas nel 1996 come un materiale catodico per le batterie al litio. Garantisce i seguenti vantaggi: una bassa corrente di auto-scarica; la vita media supera abbondantemente i 2.000 cicli completi di vita utile; una ottima stabilità in tensione; effetto di AGING relativamente basso anche ad alte temperature; celle commercialmente disponibili in diversi formati. Gli svantaggi: l’energia specifica di un accumulatore LFP è inferiore a un accumulatore LiCoO2; possono subire dei malfunzionamenti se scaricate più del 66%, quindi è consigliato un periodo di rodaggio che però, con nuovi catodi, non è più necessario. Le batterie LFP soffrono durante la ricarica rapida, ma i nuovi catodi, permettono correnti di carica pari anche di 5-7 volte la capacità nominale.
CAPACITA' DI NAVIGAZIONE IN IMMERSIONE- I battelli a propulsione air independent, per il loro contenuto tecnologico, hanno spostato gli equilibri tra unità nucleari e convenzionali creatisi nel dopoguerra (a favore di questi ultimi). Tuttavia anche con questa nuova tecnologia un SSK AIP non competerà con un SSN in velocità data la differenza di potenza installata. Gli U212 già oggi garantiscono una autonomia in immersione che gli consente di operare per almeno due settimane (ormai 3!) in immersione senza snorkel, valore 6-7- volte superiore a quello di un sommergibile convenzionale senza AIP. Per sottomarini di quelle dimensioni due-tre settimane continuative in mare sono considerabili il massimo sostenibile dall’equipaggio, sufficienti per l’espletamento di operazioni in bacini come il Mediterraneo. L’autonomia in immersione degli NFS sarà di circa 30 giorni. Le nuove celle a combustibile più piccole e potenti consentono di installarne di più nello stesso spazio; con un sottomarino più grande, si può generare con le sole celle a combustibile potenza per navigare a 10-12 nodi senza l’ausilio delle batterie che, essendo al litio-ferro, sono più piccole di un terzo delle attuali; quindi, se ne potrebbero installare il triplo accoppiate ad un motore/ generatore di una potenza adeguata, garantendo spunti di velocità importanti.
CLIMATIZZAZIONE- Gli U212 NFS utilizzano un nuovo sistema di condizionamento per le operazioni in acque e climi tropicali, come l’Oceano Indiano, nell’ambito nel bacino di operazioni previsto dal “Mediterraneo Allargato”.
IL SISTEMA PROPULSIVO: DIESEL-ELETTRICO + FUEL CELL POLYMER ELECTROLYTE MEMBRANE- Gli U212 NFS manterranno lo stesso schema propulsivo diesel/elettrico delle piattaforme U212A:
- il motore diesel MTU 16VTB396 SE84 da 3120 kW accoppiato all’alternatore Piller (l'opzione è tra una versione più potente dell’MTU 16V396, di Tipo 209 PN / Tipo 214 da 2692 CV / 1980 kW o conservare l'MTU 12V4000 (2012 CV / 1500 kW) del Tipo 212 CD. Sarebbe conveniente che l’incapsulamento dei motori diesel previsto per i sottomarini svedesi del programma A26 e anche per il Tipo 212 CD sia adottato anche dal 212 NFS.
- il motore elettrico a magneti permanenti Permasym da 2850 kW,
- il complesso di celle a combustibile fornito dalla TkMS e basato sulle Fuel Cell di tipo PEM (Polymer Electrolyte Membrane) Sinavy Siemens da 272 kW di potenza elettrica,
- sistema di stoccaggio e gestione dell’energia scaturito dal progetto ‘Far Seas’ del PRNM.
SOLLEVAMENTI NON PENETRANTI CALZONI-L3 HARRIS- Avranno un nuovo design della falsatorre, attuatori elettrici per tutti i sollevamenti degli alberi presenti. Saranno sollevamenti non penetranti nello scafo (eccetto che per il periscopio d’attacco con una visione diretta dell’esterno) del tipo (E-UMM, Electric-Universal Modular Mast) forniti dalla Calzoni, facente parte del gruppo statunitense “L3Harris”, soluzione già adottata in via parziale sui battelli classe Todaro e diffusa sui sottomarini nucleari della US Navy.
IL RIVESTIMENTO ANECOICO “STEALTH” A BASE DI META-MATERIALI DEI NUOVI U 212 NFS- I meta-materiali sono composti macroscopici costruiti artificialmente, costituiti di celle elementari che possono avere disposizione periodica o anche non periodica, ma che devono soddisfare la condizione di avere dimensioni molto più piccole della lunghezza d’onda della radiazione con cui interagiscono. Il meta-materiale è un mezzo artificiale che dal punto di vista elettromagnetico, esibisce proprietà che vanno al di là di quelle possedute dagli ordinari mezzi naturali. Dopo le oramai innumerevoli applicazioni aeronautiche, si avvicina a grandi passi anche l’utilizzo di questa tecnologia anche nei mezzi subacquei.
IL TRASPORTO VEICOLI SUBACQUEI AUTONOMI (AUTONOMOUS UNMANNED VEHICLES, AUV)- Sono in grado di estendere le capacità esploranti ISR occulte dei battelli grazie alla possibilità di tali veicoli di poter imbarcare suite di sensori ed operare in ambienti operativi non permissivi e ostili senza mettere in pericolo la piattaforma madre, o operare in bassi fondali ed acque ristrette. L’U212 NFS (come i 212A), disporrà di capacità di supporto all’impiego degli operatori del Gruppo Operatori Incursori (GOI).
LE ARMI IMBARCATE- Il nuovo “NFS” sarà dotato di sei tubi da 533 mm per i siluri pesanti Leonardo Black Shark Advanced (BSA) e missili da crociera per attacchi terrestri e UUV. Il Black Shark Advanced (BSA), evoluzione dell’A184, utilizzando i più avanzati sistemi ECCM e sonar. I progressi subiti dal motore elettrico e batteria hanno garantito un aumento di portata e velocità. Il nuovo BSA armerà già le classe Todaro, con circa 80 siluri attesi e i nuovi Pattugliatori classe Paolo Thaon di Revel (versione full), con due lanciatori sotto il ponte di volo. I nuovi missili cruise in dotazione agli u212 NFS saranno o il TOMAHAWK o lo SCALP NAVAL (al momento favorito) che garantirebbe una maggiore autonomia.
IDRODINAMICA MIGLIORATA ED ESTENSIONE DELLO SCAFO- L’idrodinamica migliorata dello scafo Tipo 212 NFS trarrà vantaggio dal Propeller Boss Cap Fins (PBCF) e una nuova forma delle barre di immersione; l’acqua che scorre lungo lo scafo viene pre-turbinata prima di raggiungere le pale del propulsore al fine di ridurre il rumore generato dalla cavitazione. La prua del Type 212 NFS sarà ridisegnata per aumentare la discrezione acustica dai sonar multi-statici. L’acciaio dello scafo sarà italiano e non più tedesco, ma sempre amagnetico, con limite elastico alto (HY100) per poter sostenere immersione operativa compresa tra 350 e 400 metri. Il Tipo 212 NFS otterrà l’allungamento dello scafo da 55,9 a 57,2 metri rispetto all'U 213/212, in corrispondenza della falsatorre e della camera di manovra che a partire dai moderni tipo U212A viene denominata CIC (Combat Information Centre). Mentre in totale la lunghezza dei nuovi sottomarini raggiungerà i 58,3 metri; il dislocamento in immersione raggiungerà le 1.750 tonn. L’allungamento incrementerà anche gli spazi per le casse del combustibile e quindi l’autonomia della piattaforma con il sistema propulsivo diesel/elettrico.
APPARECCHIATURE ECM, ECCM, ESM PRODOTTE DALL'ITALIANA ELETTRONICA SpA- Il contratto prevede la consegna di 2 sistemi per il primo lotto di due sottomarini più altri 2 sistemi come opzione per i lotti successivi. “Elettronica SpA” è già fornitrice degli apparati di Guerra Elettronica per i Programmi FREMM e PPA gestiti dall’OCCAR. La capacità di gestire lo Spettro Elettromagnetico attraverso l’utilizzo di sistemi di Difesa Elettronica supporta la capacità del sottomarino di operare in aree ostili ad alto rischio, in operazioni conflittuali e di peace-keeping. Il Sistema si integra funzionalmente e svolgerà compiti di auto-protezione, sorveglianza ed intelligence.
ANTENNE- I nuovi sottomarini disporranno di un’antenna RESM/CESM integrata, avanzata con elevate prestazioni, con dimensioni compatte e forma stealth, e con due ulteriori antenne: una di sorveglianza e scoperta nel campo radar e una di allarme.
IL NUOVO COMBAT MANAGEMENT SYSTEM LEONARDO “ATHENA MK.4”- Il Leonardo’s “Athena”® Combat Management System è una soluzione per la gestione avanzata del combattimento, modulare e scalabile. E' operativa su tre pattugliatori della Marina militare lituana classe FLYVEFISKEN (ordinativo di un programma di ammodernamento della Marina militare lituana per adeguare le proprie forze navali agli standard NATO); ed ha già equipaggiato unità navali maggiori e minori della Marina Militare italiana e degli Emirati Arabi Uniti.
IL CENTRO DI ADDESTRAMENTO E I SIMULATORI A TARANTO- La realizzazione di nuovo centro d’addestramento con simulatori dedicati sarà presso la Scuola Sommergibili della Marina Militare Italiana a Taranto.
di Antonio Frate
I dubbi di Berlino sul rifinanziamento del programma Tiger
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- Creato Mercoledì, 27 Ottobre 2021 08:56
- Ultima modifica il Mercoledì, 27 Ottobre 2021 08:56
- Pubblicato Mercoledì, 27 Ottobre 2021 08:56
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L'elicottero da combattimento franco-tedesco Tiger è stato adottato dai rispettivi eserciti dei due paesi nel 2009. Lo sviluppo iniziò nei primi anni '80 durante la Guerra Fredda. In origine era stato pensato come una piattaforma anticarro in grado di contrastare un'invasione sovietica, per poi mutare in un elicottero d'attacco multiruolo, con diverse varianti in fase di sviluppo per soddisfare le esigenze dei suoi operatori.
Nel maggio 2018 Francia e Germania hanno formalizzato la modernizzazione del Tiger. Il ministro della Difesa francese lo ha definito “una nuova tappa per l'Europa della difesa e del consolidamento della nostra industria”. Già adottato da Francia, Germania e Spagna e Australia, l'Organizzazione europea per la cooperazione in materia di armamenti (OCCAR) ha incaricato i produttori coinvolti nel progetto, ovvero Airbus Helicopters, Thales e MBDA, di svolgere compiti di riduzione del rischio.
L'ammodernamento mira a portare gli elicotteri allo standard Mk3, incentrato sul combattimento collaborativo. Ad esempio, dovrebbe includere il Manned Unmanned Teaming (MUM-T) che consente a un elicottero di controllare un drone. I Tiger delle forze armate francesi sarebbero anche in grado di condividere informazioni con i nuovi veicoli da combattimento in prima linea del programma Scorpion.
Tuttavia, ora sembra che la parte tedesca sia riluttante a vedere l'aggiornamento pianificato andare avanti. Dopo il Consiglio franco-tedesco sulla difesa e la sicurezza tenutosi il 5 febbraio 2021, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha affermato che “per il Tiger 3 standard c'è tutta una serie di trattative da condurre, in particolare con Airbus per la parte tedesca".
Il piano di aggiornamento, dal costo di 5,5 miliardi di € è in realtà osteggiato dall'esercito tedesco, il quale lamenta la scarsa disponibilità del velivolo. Il "Rapporto sulla situazione materiale dei principali sistemi di armamento della Bundeswehr" del 2018 ha rivelato che in media solo 11,6 dei suoi 53 elicotteri Tiger erano operativi. Nel gennaio 2020, il media tedesco Bild ha affermato che il numero è sceso a 8.
A tali lamentele si sono aggiunte quelle del cliente australiano, il quale già nel 2019 ha lanciato una richiesta di informazioni (RFI) per trovare un sostituto del suo Tiger, ed il ministro della Difesa australiano Linda Reynolds ha annunciato l'acquisizione di 29 Boeing Apache dal 2025, al costo di 3,5 miliardi di dollari, per sostituire i 22 Tiger.
La Germania potrebbe ora seguire l'esempio dell'Australia. “La decisione sembrerebbe già stata presa tramite un FMS [Foreign Military Sales]”, per come riferito dal Ministro della Difesa francese riferito Mars.
Già nel marzo 2020, Shepherd Media ha riferito che "il governo federale tedesco ha chiesto alla sua controparte statunitense informazioni sull'elicottero d'attacco Boeing AH-64 Apache".
A questo punto, va ricordato che Leonardo sta procedendo verso lo sviluppo dell'elicottero d'attacco multiruolo AW 249, che dovrebbe essere presentato per il 2025. Si potrebbe anche tentare di coinvolgere la Germania nel progetto, qualora Berlino non voglia acquistare un prodotto straniero tout-court.
Berlino ha già rifiutato un accordo operativo con la Francia riguardo ai MAWS, gli aerei da pattugliamento marittimi, e ha optato per il Boeing P 8 Poseidon, per sostituire i P 3 Orion, con conseguente dissoluzione del programma franco-tedesco. Inoltre aveva già rifiutato la fornitura degli Atlantic 2, versione aggiornata dei pattugliatori francesi Atlantic.
di Antonio Frate
Suicide bombers in the new context of asymmetric warfare
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- Creato Venerdì, 04 Giugno 2021 10:26
- Ultima modifica il Venerdì, 04 Giugno 2021 10:28
- Pubblicato Venerdì, 04 Giugno 2021 10:26
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The nature of contemporary conflicts has changed from traditional territorial conflicts between states, to conflicts between states and non-state actors with enormous disparity of means and with aims different from the conquest of territories. 'Asymmetric warfare' is an undeclared conflict, with considerable disparities in military or financial resources and in the status of the two contenders. Through the influence of Chinese strategic thinking in the 1990s, the term 'asymmetrical warfare' took on the meaning of a conflict conducted with scarce resources and unconventional methods of warfare to fill its military, technological and financial deficiencies, transforming weaknesses into strengths in order to hit the opponent where he does not expect it and create strong psychological shocks.
The strategic debate was influenced in particular by the literary success of the classic "Art of War" by Sun Tzu and above all by the book "War without limits: the art of asymmetrical warfare between terrorism and globalization" published in 1999 by Qiao Liang and Wang Xiangsui, two upper colonels of the Chinese Air Force.
Liang and Xiangsui indicated in the 1991 Gulf War the beginning of a mutation in the nature and function of war. War could be waged in any field: political, technological, commercial, financial, cultural or media, especially by combining and adding other methods to military methods in a hybrid way, in order to multiply the lethal effects, causing enormous damage.
The attacks of 11 September represent the definitive affirmation of the term asymmetrical warfare. In an asymmetrical conflict, heterogeneous parts fight: the protagonists, state or not, have unequal forces, are equipped differently, use different means and methods, pursue different aims. Asymmetry, therefore, consists in acting, organizing and reflecting differently from the opponent in order to maximize their strengths and take advantage of the weaknesses of the opponent. The belligerents who suffer from a strong technological inferiority often have to resort to unconventional weapons such as chemical, bacteriological, radiological, nuclear, improvised devices, and especially suicide martyrs.
Therefore, unlike the great majority of traditional war actions and the same majority of those carried out by the "old" terrorism, the tactic on the field of the new terrorism does not provide for the protection, as far as possible, of the life of its combatants, but, on the contrary, for its programmed destruction; in this context, the kamikaze are systems of arms that the commanders do not count on recovering and reusing. They are human containers to be lost, mere vectors of an explosive charge to be conducted on the target. In its dual application to the enemy and to oneself, thus, the human sacrifice from relative becomes absolute.
It is in this context of new terrorism, therefore, that the figure of the kamikaze re-emerges, considered the unconventional weapon par excellence.
di Noemi Genova
The last words of the martyrs
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- Creato Lunedì, 16 Novembre 2020 15:53
- Ultima modifica il Lunedì, 16 Novembre 2020 16:16
- Pubblicato Lunedì, 16 Novembre 2020 15:53
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«I chose to say with my own body what the Arab leaders could not say. My body is a case of gunpowder that blows up enemies. To the Arab leaders who are watching, I say WAKE UP. Do your duty. It is shameful that Arab soldiers remain asleep while the daughters of Palestine fight. While they go towards their deaths». These are the last words of Ayat Akhras, taken from the traditional video-heading of the 16-year-old human-bomb, born and raised in the Dheisheh refugee camp in Bethlehem. It was recorded before being blown up in the name of the Alqsa Martyrs Brigades on 29 March 2002 in a supermarket on the outskirts of West Jerusalem. Ayat's mother says: «My little star was tender. She was very sweet. She was also always happy. And she was smart. She was one of the best at school. She never felt discouraged. She believed in the one God, Allah, like all of us. But she was modern. Only in public she used to cover her hair with the veil. Just like God wants. But she didn't wear the Jilbab . I didn't know about her contacts with the armed activists. If I'd known, I'd have locked her in the house. And we didn't even know that she had joined the Alqsa Brigades. But here everyone is fighting for our land. Oh, my daughter actually always had an interest in politics. And she cried a lot when she heard about Palestinians being killed by Israeli soldiers. But she was leading a normal life. She loved to study. She was in her high school and always said obsessively that she wanted to continue her studies. She dreamed of becoming a nurse or a journalist».
Another testimony is that of Reem al Rayashi:«Yes, yes, since I was 13 I've dreamed of becoming a martyr and dying for my people», says 20-year-old Reem at Rayashi in her video-heading. «I've always wanted to turn myself into mortal splinters against the Zionists and knock on the doors of Heaven with their skulls. I've always wanted to be the first woman to sacrifice herself in the name of Allah. And my joy will be complete when the parts of my body fly everywhere». Reem was hired by Hamas because she was an adulteress. And leaving her husband for another had stained herself with an unforgivable guilt for Islam. Only by martyrdom she could have regained her honour. On 14 January 2004 she exploded, killing 5 people and injuring 12.
«With this action I have decided to send the occupants the message that there is no security for the Jews on our land. To attack, according to God's will, the arrogants of the damn checkpoint and kill them». These are the words that the woman-lama left written in her spiritual will in a letter to her family. While in a second letter she asks her classmates not to forget at all to grow up, to educate their children in love with the Jihad. «Pray, pray, pray», concludes the text, «so that God will not fail to accept me as a martyr. Fight for the freedom of your country».
Imane and Sanae, 14-year-old Moroccan twins who were born together, decide to die together. And it is by martyrdom that they want to interrupt the life spent on the margins of society, to redeem the miserable existence with a striking gesture. As a kamikaze. «Because they have been too much fascinated by the attack of September 11th in the USA», say friends and acquaintances. Theirs is the classic profile typical of women-bombing: psychological graft poured into a mix of indoctrination and desire to clean up their image. In the neighborhood they are considered prostitutes, women who are now lost. To get by, they make do as they can. They ask for alms, they offer themselves. They don't have any real family behind them.
di Noemi Genova
Italian women bombers
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- Creato Sabato, 21 Marzo 2020 10:55
- Ultima modifica il Sabato, 21 Marzo 2020 11:09
- Pubblicato Sabato, 21 Marzo 2020 10:55
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Among the 48 people expelled so far to Lombardy for crimes related to radical Islamic terrorism, now it is the turn of Fatma Ashraf Shawky Fahmy (Maria Giulia Sergio). Born on June 3, 1995 in Giza, Egypt, the 22-year-old lived in Torre del Greco and was expelled from Italy by decision of the Ministry of the Interior thanks to investigations by Digos of Milan. Together with her parents and three younger brothers, she had approached extremism and was in contact with an unidentified member of the Isis, named Abdallah Hasanyan Al-Najjar. She asked him to organize a trip to the conflict lands through Turkey. From their talks, however, it is clear that, although she attended the mosque in Jenner Avenue and was therefore rather informed, Fatma did not consider, probably, that the Islamic State was losing ground. So, not being able to "enlist", the girl changed her perspective. «There's something I can do here. I can take action in Milan». And again: «I am ready». Phrases from which it emerges, according to Digos investigators, that the girl was willing to a kamikaze action. Once again, however, on the Telegram channels, the response of the Isis man was negative: «You will only be able to do something when you have our permission». According to what has been reconstructed by the Milan Court of Assizes, this is a story that begins on January 7, 2015, immediately after the massacre within the editorial staff of Charlie Hebdo. The police intercepts two women who have sworn allegiance to the Islamic state. They are Maria Giulia Fatima Sergio and her spiritual guide, Haik Bushra. The first one would be in Syria. The second, after studying in Bologna, would be in Saudi Arabia. It is the latter who tells her: «The killing of unbelieving Westerners is not only legitimate, but a duty». And again: «These people are not innocent because they are part of Western countries that want to hit Muslim countries». Actually, this is a story that began in 2008 in Inzago, a town in Milan. It was in that year that Maria Giulia converted to Islam, changed her name to Fatima Az Zahra and began her personal radicalization. After a few years she is convinced that she must go to Syria to give her contribution, but first she must marry an aspiring mujaheddin. In September 2014, she married the Albanian Aldo Kobuzi. According to what the magistrates have reconstructed, it would be a «combined marriage, born electronically and functional only for departure». And in a couple of weeks they arrive in Syria. She teaches and he is trained in Iraq. Fatima tries to convince her family to join her, but their Skype conversations are intercepted and in July 2015 her father, mother and sister are arrested. Fatima asked about them in an interview with Corriere della Sera in which, among other things, she said: «The Islamic State is a perfect State. We are not doing anything here that goes against human rights. Which those who do not follow the law of Allah do». The case ends on 13 June, with the sentence in absentia of the Milan Court of Appeal to 9 years. Of Maria Giulia remains only her social profile, where stands out her new name and you can not see that the eyes, everything else is covered by the Niqab . In the page there is little written in Italian, the symbols of the holy war are everywhere. On her profile she wished the victory in the name of Allah over the disbelievers and the last post still online is dated November 19, 2013. Then nothing. «Behind the veil there is no terrorist hiding. My daughter Fatima is good, who knows her can confirm it. And she has the strength of someone who fights for a just cause». Assunta Bonfiglio, the 27-year-old's mother, is speaking. «I have not had contact with Fatima for some time and I have no idea where she is, but I know that Allah protects her», says Assunta. According to the authorities there are a hundred Italian citizens who have left like Fatima to join the Islamic State. Meriem Rehaily, 22 years old, jihadist from the province of Padua, of Moroccan origin, was sentenced on December 12, 2017 by the Court of Venice to 4 years' imprisonment for enlistment for terrorist purposes and expulsion provided at the end of the sentence for having joined the Islamic State. On July 14, 2015 Meriem Rehaily disappeared from her home in Arzergrande, in the province of Padua, to reach the airport Guglielmo Marconi in Bologna where she boarded a flight to Istanbul. A few hours before getting on the plane she posts her oath to the Caliph: "God, I promised my pledge of faithfulness and I renew it for the prince of the faithful, my cheikh Abu Bakr al-Baghdadi". Shortly after, Rehaily arrived in Syria where Daesh, thanks to its computer skills, recruited her as a hacker and also sent her to the border with Turkey to help filter entrances, using her language skills. Meriem Rehaily had shown on several occasions that she had clear ideas and had also published the list of ten objectives to be eliminated, men of law enforcement of which she had entered photos and address of residence. In addition to stating that she was "proud to have joined the Isis", and to have "seen the truth", Rehaily was shooting journalists, accused of having written falsehoods about her. At the same time, however, elements emerged about the possible repentance of Rehaily: in January 2016 the Carabinieri of the ROS intercepted a phone call made to her father in which the girl claimed to be repentant of the choice made and asked to be taken home. Another contact with the family took place in November 2016 when the girl reiterated her repentance, claiming to be terrified by the war, but can not leave Raqqa; then nothing more. Judge Roberta Marchiori explained that her willingness to martyrdom is a cause for concern: «The State cannot exclude the hypothesis that the suspect may be available to carry out suicide bombing actions also in Italy and, in particular, in Rome». «I'm a terrorist for the government, but I didn't do anything in Italy. I was brainwashed from Isis», explains Meriem, «before I lived like a normal teenager who went to school and went out with friends. Then I closed my eyes and found myself in Syria. Abu Dujana al Homsi, a young Syrian who contacted me via Telegram in a secret chat room, attracted me on the internet», says the Paduan jihadist, «he wanted to marry me, but I refused. Then he began to say that I had to leave Italy and reach the Caliphate because Allah wants it». In the historic capital of the Caliphate, Meriem soon realizes that the adventure of black flags is turning into a nightmare. «I have seen the real Isis and it is not the Islamic State that I believed», explains the jihadist now, «the horror of the bombings terrified me. When I opened my eyes it was too late». In Raqqa she marries a Palestinian and has two children. Meriem had been in touch with her parents, who are trying to get her back home. Her mother Khadija is always in her thoughts: «I would like to ask her to forgive me, but it's too late to apologize because I've already done what I shouldn't have done». Repentant and aware of having made the wrong choice, Meriem would like to return to Italy. «Daesh loves killing people, it loves blood, they kill people for no reason» says Sonia Khediri. She is 21 years old. She was born and raised in One di Fonte (Treviso), and fled home at 18, in August 2014, more out of love than to embrace Islamic fundamentalism. Or so it seems to be hearing her now, when every dream of a better and different life seems to have vanished. She met a preacher during a trip to Tunisia, let herself be persuaded to join the Caliphate and after months of contacts on the Internet fled to Syria to marry him, discovering on her arrival that he had been killed. In his place, according to what emerged, she was forced to marry Abu Hamza, about twenty years older than her, Tunisian emir and number two of Daesh, from whom she had two daughters. The Public Prosecutor's Office of Venice, calling her a foreign fighter and considering her dangerous, asked for her arrest on two different occasions. And on two occasions the GIP denied the custody order. It's hard to say whether or not the 21-year-old has embraced Daesh's fundamentalist theses, but in the interview with Tg1 she clearly says that she tried to return to Italy, but failed to do so. Sonia Khediri reached the Islamic state when she was only 18 years old. Now she's a prisoner in a Kurdish refugee camp in northern Syria, and she confesses: «I want to go back to Italy, but I'm afraid of going to prison and not seeing my children anymore. I loved Daesh thinking I was making the right choice, but instead I lost my life. I was convinced to join the Islamic State because in the videos circulating in Raqqa the women were going out with the niqab. I wanted to live like them». In a guarded area in the Heyn Issa camp, north-east of Syria, a thousand women and their children who have joined the caliphate are in custody. Women. Maybe not real «evil geniuses» but still charismatic females, «soldiers» ideal to be recruited by the Caliphate, decided as they are to move in the Islamic lands, against everything and everyone, breaking religious and traditional ties.
di Noemi Genova