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Creato Lunedì, 10 Aprile 2023 10:43
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Ultima modifica il Sabato, 15 Aprile 2023 08:44
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Pubblicato Lunedì, 10 Aprile 2023 10:43
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Durante una manifestazione a Londonderry alcuni uomini a volto coperto hanno attaccato la polizia lanciando molotov, alla vigilia dell'arrivo a Belfast di Joe Biden, il più irlandese e cattolico dei presidenti americani dai tempi di John F. Kennedy. Le origini irlandesi della famiglia di Biden sono in realtà lontane, ma rivendicare i suoi avi rappresenta un segno di vicinanza all’elettorato americano poiché si stimano che circa 30 milioni di persone negli Stati Uniti, ovvero un decimo della popolazione, rivendichi origini irlandesi. La storia d’Irlanda è segnata dagli accordi del Venerdì Santo, nei quali hanno avuto un ruolo centrale gli Stati Uniti e la presenza di Joe Biden ne è una prova: il negoziato avvenne grazie all’intervento degli Stati Uniti, al tempo il presidente era Bill Clinton, Biden era senatore. Era Venerdì Santo il 10 aprile 1998, giorno in cui fu firmato il Good Friday Agreement a Belfast, il quale pose fine a circa trent'anni di conflitto a bassa intensità in Irlanda del nord tra unionisti e indipendentisti. Gli accordi del Venerdì Santo vennero firmati tra il Regno Unito, nella persona del premier Tony Blair, e l'Irlanda, rappresentata dal Taoiseach, cioè dal primo ministro, Bertie Ahern, che ponevano fine ai cosiddetti Troubles, che avevano causano la morte di almeno 3600 persone. Belfast è stata devastata dagli scontri tra l'esercito inglese, gli Unionisti e i militanti dell'IRA, l'Irish Republican Army. L’Accordo, in cui Dublino riconosceva la sovranità britannica sull’Ulster e Londra non chiudeva la porta a una potenziale riunificazione dell’isola, fu poi ampiamente confermato dal referendum in cui il SÌ vinse con il 71.12% dei voti in Irlanda del Nord e il 94% nella Repubblica d’Irlanda. Gli accordi non segnarono l'inizio della pace ma di un processo di pace che va avanti fino ad oggi. L’IRA ha deposto ufficialmente le armi nel 2005, definendo cessata la lotta, ma Belfast è ancora oggi divisa da muri e cancelli denominati linee di pace: lunghi fino a 4 km e alti fino a 8, separano le zone in cui risiedono i cattolici e i protestanti. L’Irlanda del Nord ancora non riesce a fare pace con il suo passato e parlare di IRA è tutt’ora attuale. Ad aggravare la questione è stata la Brexit. l’Irlanda del Nord ha votato per il 55,8% per rimanere nell’Unione Europea. Infatti, un elemento determinante nel facilitare la pacificazione è stata la comune appartenenza di Irlanda e Regno Unito all’Unione europea. Lo stesso Biden, durante il suo intervento all’Università di Belfast ha definito la Brexit “una minaccia per gli accordi del Venerdì Santo”. A tale proposito è stato firmato un protocollo che prevede controlli doganali per le merci in arrivo in Irlanda del Nord dalla Gran Bretagna, in modo che siano conformi alle regole Ue e possano circolare liberamente anche in Irlanda. Lo scorso 27 febbraio, il premier britannico Rishi Sunak e la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, hanno concordato la Cornice di Windsor, una nuova intesa che prevede un corridoio verde per le merci destinate alla sola Irlanda del Nord e uno rosso, con controlli doganali, per quelle destinate all’Irlanda. Il Dup, principale partito protestante nordirlandese, intransigente sulla questione, ha boicottato la formazione di un governo condiviso, senza il quale l’amministrazione locale non può esistere, prolungando così uno stallo che va avanti dalle elezioni del maggio 2022. La questione Brexit potrebbe aprire uno spiraglio di un referendum per unificare l’isola, già ipotizzato al tempo degli accordi e sempre più probabile in futuro ma ancora poco realistico oggi.
di Daniele Leonardi
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Creato Lunedì, 27 Marzo 2023 19:05
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Ultima modifica il Lunedì, 27 Marzo 2023 19:14
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Pubblicato Lunedì, 27 Marzo 2023 19:05
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Da novembre 2022 a oggi, 230 scuole iraniane sono state prese di mira e migliaia di studentesse sono state esposte a sostanze irritanti e nocive per la loro salute. I primi casi sono stati registrati nella città Santa di Qom, nonché il maggior centro di studi religiosi sciiti dell’Iran. Le studentesse colpite hanno sofferto di svenimenti, nausea, senso di soffocamento e altri sintomi nell’istante seguente la propagazione di odori ritenuti sgradevoli e anormali; quindi, si tratta di avvelenamenti attraverso la propagazione area di sostanze tossiche. Alcune di loro sono state ricoverate in ospedale e hanno rischiato di perdere la vita.
Ad oggi, non vi sono prove evidenti che possano evidenziare un legame tra i suddetti fatti e il governo “dittatoriale” iraniano. Tuttavia, non è sicuramente una coincidenza che questi casi si siano registrati in un contesto già fragile e poco dopo le proteste pubbliche sviluppatosi a seguito della morte di Mahsa Amini, donna simbolo della condizione femminile e della violenza esercitata contro le donne sotto la Repubblica islamica dell'Iran. La condizione femminile è sempre stata un tema fragile in questo Paese dove le donne risultano totalmente sottomesse all’uomo.
Tutta questa situazione ha causato un dibattito globale riguardo l’attribuzione di responsabilità. Un'ipotesi molto diffusa va ad attribuire la colpa dell’attacco a gruppi religiosi radicali che vorrebbero negare alle donne il diritto all'istruzione, come avvenne nel vicino Afghanistan talebano.
Secondo l’agenzia statale iraniana Irna, il 14 febbraio 2022 le associazioni dei genitori si sono riunite davanti al governatorato della città di Qom per chiedere spiegazioni, ma è stata un’operazione senza risultati. Dieci giorni dopo, il viceministro della salute Youness Panahi ha confermato che «l’avvelenamento è stato intenzionale».
A inizio marzo ci sono stati i primi arresti dei sospettati ed è stato proprio il governo di Teheran a darne comunicazione. Nonostante queste brevi notizie, non c’è chiarezza sulla reale situazione. Rimane il fatto che i presidi delle scuole hanno vivamente consigliato ai genitori di tenere a casa le figlie per non rischiare altri avvelenamenti.
Potrebbe trattarsi di un avvelenamento selettivo da parte del governo per bloccare nuove proteste e ridurre i diritti femminili o di un complotto bottom-up (dal basso verso l’alto) perpetrato da gruppi radicali per scatenare disordini e poter tentare un colpo di Stato. Le ipotesi rimangono in sospeso fino a quando le agenzie di Intelligence non riusciranno a fare luce sui fatti.
di Elena Pinton
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Creato Sabato, 18 Marzo 2023 08:55
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Ultima modifica il Sabato, 15 Aprile 2023 08:56
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Pubblicato Sabato, 18 Marzo 2023 08:55
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Il conflitto in Ucraina anticipato l'uso dell'intelligenza artificiale in guerra: la Russia, ad esempio, utilizza le cosiddette "munizioni vaganti" (o "droni kamikaze") contro l'Ucraina: un mix tra un drone "normale" e un razzo in grado di colpire un'area specifica, cercando e determinando autonomamente il bersaglio. il primo caso registrato di un sistema autonomo che ha ucciso una persona senza il coinvolgimento di un operatore, tuttavia, si è verificato nella primavera del 2020 in Libia (secondo le Nazioni Unite). Software come Chat GPT l’ha fatta conoscere al grande pubblico ma l’intelligenza artificiale non è una scoperta recente, anzi la utilizziamo quotidianamente da diverso tempo (quando usiamo Google Maps o quando parliamo con gli assistenti vociali, ad esempio). Il termine stesso di "Intelligenza artificiale" è stato utilizzato in relazione ai vari software sin dagli anni Cinquanta del secolo scorso, ma dall'inizio degli anni 2000, l'Ia ha fatto passi da gigante. In 200 anni, gli esperti considerano quattro grandi rivoluzioni: l’introduzione delle macchine meccaniche, poi quelle elettromeccaniche, l’avvento del digitale e l’intelligenza artificiale. Michael Horowitz, professore all’Università della Pennsylvania, paragona l’intelligenza artificiale alla scoperta del motore a combustione interna o dell’elettricità, dividendo le sue applicazioni militari in tre categorie: la prima consiste nel permettere alle macchine di funzionare senza supervisione umana, la seconda nel processare e interpretare ampi volumi di dati, e la terza nel contribuire, o addirittura nel dirigere in prima persona, le attività belliche di comando e controllo.
Durante il Web Summit sulle tecnologie che si è tenuto a Lisbona, Stephen Hawking ha dichiarato: “Il successo nella creazione di un AI efficace potrebbe essere il più grande evento nella storia della nostra civiltà, o il peggiore, non lo sappiamo; quindi, non possiamo sapere se saremo infinitamente aiutati dall'AI, o distrutti da essa”. Elon Musk, coinvolto inizialmente nel progetto “OpenAI”, un’azienda di intelligenza artificiale fondata nel 2015 a San Francisco, ha definito l’intelligenza artificiale “un rischio per l’umanità”. L’intelligenza artificiale è “pronta a cambiare la natura stessa del campo di battaglia del futuro”, ha dichiarato il dipartimento della difesa degli Stati Uniti nel suo primo documento strategico relativo all’intelligenza artificiale, del febbraio 2019. Nell’estate 2018 il Pentagono ha lanciato il Centro di coordinamento per l’intelligenza artificiale (Jaic) e quest’anno a marzo si è riunita per la prima volta la Commissione per la sicurezza nazionale sull’intelligenza artificiale. Ha avuto luogo all’Aia, in Olanda, il primo vertice globale sull'intelligenza artificiale responsabile nel dominio militare (REAIM), che ha visto la partecipazione di rappresentanti di oltre 60 paesi, inclusa la Cina. Non è stata invitata la Russia, mentre l’Ucraina non ha partecipato. Un primo risultato è stato ottenuto con la firma di un accordo per mettere l'uso responsabile dell'IA in cima all'agenda politica, firmato dalla maggior parte dei partecipanti, confermando l’impegno nello sviluppo e utilizzo dell'IA militare in conformità con "obblighi legali internazionali e in un modo che non comprometta la sicurezza, la stabilità e la responsabilità internazionali”. L'amministratore delegato di Palantir, azienda statunitense specializzata nelle nuove tecnologie e nell'analisi di big data che ha partecipato al REAIM, ha parlato del coinvolgimento della propria azienda nel conflitto in Ucraina: “Siamo responsabili della maggior parte degli attacchi” ha detto Alex Karp di Palantir. La sua impresa sfrutta l'intelligenza artificiale per colpire obiettivi russi. Fra i servizi di Palantir la possibilità di analizzare i movimenti satellitari e i feed dei social media per aiutare a visualizzare la posizione di un nemico. Secondo Vincent Boulanin, direttore dello Stockholm Peace Research Institute (SIPRI), vi è sempre rischio teorico che il robot esegua un'azione che non ci si aspetta, noto come il “problema della scatola nera”. è necessario insegnare ai militari a non affidarsi troppo all'Ia: non è un "robot che non sbaglia mai", ma un ordinario sistema creato dall'uomo che ha i suoi limiti e svantaggi. Vi è poi un rischio potenziale legato alla diffusione di queste tecnologie al di fuori dell’ambito militare e consegnarlo alla criminalità.
di Daniele Leonardi
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Creato Martedì, 21 Febbraio 2023 10:46
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Ultima modifica il Sabato, 15 Aprile 2023 08:47
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Pubblicato Martedì, 21 Febbraio 2023 10:46
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Un popolo, quello europeo, abituato a vedere la guerra solo in Call of Duty, si ritrova la crudeltà del conflitto reale nei feed social dei propri smartphone, improvvisamente. Le immagini della guerra irrompono nella nostra quotidianità. I social non sono più solo il luogo di condivisione della nostra quotidianità ma diventano anche uno strumento di informazione, il media con cui Zelensky decide di costruire la sua strategia di comunicazione. La connessione diventa fondamentale non solo da un punto di vista sociale, ma anche all'interno di una strategia di propaganda. La sera del 26 febbraio il ministro della Difesa ucraino chiede aiuto a Elon Musk proprietario di Starlink, un sistema di satelliti che assicura copertura Internet anche in mancanza di infrastrutture sul suolo. Questa contromossa non prevista da Putin spariglia le carte in tavola. In questo modo l'isolamento dell'ucraino non può più avvenire, ciò a cui Putin auspicava. Il presidente russo mirava a distruggere le infrastrutture ucraine. Una svolta che arriva lontano dai campi di battaglia e assicura il racconto della guerra in diretta, al resto del mondo. In questo modo, attraverso le moderne tecnologie, la guerra ci viene restituita e documentata in tempo reale. Oltre alle comunicazioni sull’andamento del conflitto, sui social, in particolare Telegram, si possono trovare indicazioni per raggiungere i rifugi antiaerei o lasciare il paese in sicurezza, istruzioni per costruire bombe molotov, cercare parenti e amici dispersi. Ma anche tanta disinformazione e propaganda russa. La verità è un confine sottile nelle immagini che popolano i nostri feed. Una guerra che fa i conti con la verità e le fake news che circolano in rete. Viene messa in discussione l’oggettività dell’immagine, e la verità che racconta viene messa in discussione. Testate come il New York Times hanno fatto un lavoro di verifica di veridicità delle immagini che circolano in rete. La strategia del presidente russo è di isolare l’ucraina: prima avvertendo nel videomessaggio iniziale che ci sarebbero state conseguenze per chi avesse aiutato l’ucraino, poi cercando di interrompere le loro comunicazioni e successivamente isolando l’ucraina dal punto di vista energetico. Niente luci e niente riscaldamento in pieno inverno. Una guerra, che si combatte con le armi tradizionali ma anche con la comunicazione: quella di Zelensky, moderna e social, di grande impatto emotivo, e quella di Putin, novecentesca, rigida, basata sul terrorismo. Questo anno di guerra in Ucraina ci ha insegnato che una nazione non ha bisogno di possedere satelliti o avere un forte programma spaziale per partecipare e prosperare nelle guerre moderne. Meno di 24 ore dopo l'invasione dell'Ucraina, Anonymous ha dichiarato guerra alla Russia di Putin, dando il via ad una cyber-guerra. In un video postato su Twitter, il collettivo parla al mondo attraverso un uomo incappucciato e col volto coperto dalla celebre maschera di Guy Fowks. Una mobilitazione senza precedenti di hacker e cyberattivisti in ogni parte del mondo, i quali hanno messo a segno diversi colpi ma ridimensionati sempre ad episodi di breve durata. “Il cyberspazio è stato in realtà importante per tutto ciò che era prima del conflitto, tramite la propaganda, o attacchi a siti di informazioni”, ha dichiarato Stefano Mele, avvocato e membro del Comitato atlantico italiano, in un’intervista sul canale YouTube dell'esperto di sicurezza informatica e amministratore delegato di The Fool, Matteo Flora. All’inizio dell’invasione, l’Ucraina non aveva alcuna capacità spaziale nazionale. Ma la disponibilità di servizi satellitari commerciali esistenti e crescenti e di tecnologie avanzate ha drasticamente alterato l’accesso di tutte le nazioni allo spazio e quindi alla guerra moderna. Lo spazio è fondamentale per la condotta della guerra moderna, sia in termini di puntamento di precisione con armi a guida GPS, comunicazioni commerciali o sorveglianza satellitare.
di Daniele Leonardi
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Creato Domenica, 22 Gennaio 2023 10:40
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Ultima modifica il Sabato, 15 Aprile 2023 08:42
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Pubblicato Domenica, 22 Gennaio 2023 10:40
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Per gli Stati Uniti, Pechino è da tempo diventato il primo rivale. Gli Usa hanno spostato il centro della loro strategia geopolitica nell’Asia-Pacifico. Nel settembre 2015, in un discorso tenutosi a Seattle, il presidente cinese Xi Jinping ha evocato la trappola di Tucidide per esortare gli Stati Uniti e la stessa Cina ad evitare il tipico confronto dal prevedibile sbocco violento tra potenza consolidata e potenza emergente, come accadde fra Sparta e Atene. Senza andare a sindacare la bontà di tale metafora, il suo richiamo storico basta ad intendere come la tensione tra Cina e Stati Uniti negli ultimi anni sia sempre più alta. Ad accendere ancora di più la miccia, è stata la recente visita della speaker della camera statunitense Nancy Pelosi in Taiwan. Taiwan, che dà il nome all'isola di Formosa, rappresenta il corpo principale del territorio oggi amministrato dal governo di Taipei. L’isola è abitata da 23 milioni di persone, ha una posizione strategica e un'economia fiorente, tra le prime 20 del pianeta. Taiwan cerca di tutelare una indipendenza molto complessa: la Cina considera Taiwan territorio nazionale dal 1945, e vuole annetterla entro il 2049, come dichiarato da Xi Jinping, per aumentare l'influenza militare sul Pacifico. Una data non casuale, nel 1949 Taiwan si proclamò come Repubblica Popolare Cinese. Ancora oggi la Repubblica di Cina è il nome ufficiale di Taiwan. Da allora entrambe le entità affermano di essere l'unica autorità legittima dell'intera Cina, ma nel corso dei decenni successivi la quasi totalità della comunità internazionale ha riconosciuto il governo di Pechino invece che quello di Taiwan. Due Stati che affermano di rappresentare il popolo cinese. Nel mondo oggi solo 15 stati riconoscano Taiwan come stato indipendente, tra di essi non compaiono gli Stati Uniti. Gli Usa, infatti, riconoscono Pechino come depositario ufficiale della Cina, eppure continuano a sostenere Taipei in chiave anticinese. Mentre il governo taiwanese continua a professare la propria autonomia e indipendenza dalla Cina continentale, la Cina considera l’isola una provincia ribelle da annettere. La volontà cinese provoca l'opposizione degli USA, poiché, se Taiwan dovesse essere assorbita dalla Cina, gli Stati Uniti perderebbero un baluardo piazzato a metà strada tra il Mar Cinese Meridionale e Orientale. Per questo, dopo anni di freddezza Washington è tornata ad avvicinarsi a Taiwan. Con la presidenza di Donald Trump, il governo americano ha rifornito di armi Taipei e rassicurato l’isola di tutto il sostegno militare necessario in caso di possibili minacce da parte di Pechino. Taipei punta sul sostegno militare degli Stati Uniti, i quali difendono i loro interessi economici e geopolitici. Biden ha proseguito la linea intrapresa da Trump e la visita di Nancy Pelosi ha accresciuto la tensione che intercorre tra la Repubblica Popolare cinese e la Repubblica di Cina. Apparentemente sono molti i fattori di correlazione con la situazione Ucraina-Russia, ma in realtà, ci sono profonde differenze: sembra scontato, ma la Cina non è la Russia e Taiwan non è l’Ucraina. Kiev è il sessantasettesimo partner commerciale di Washington, Taipei (capitale di Taiwan) il nono. Taiwan è la ventunesima economia al mondo ed è la patria della produzione dei semiconduttori. Nonostante le tensioni politiche e militari, nel 2021 le esportazioni di Taipei verso Pechino sono cresciute del 24,8%, raggiungendo il loro massimo storico. La questione si poggia su un delicato equilibrio che sembra vacillare sempre più: gli Stati Uniti hanno ribadito di insistere sulla risoluzione pacifica delle divergenze tra le due parti, ma hanno scelto da che parte stare. Joe Biden, nell’ottobre 2021, disse: “Se Taiwan fosse attaccata, certo che interverremmo”. Dichiarazione che va di pari passo con le esercitazioni militari pubbliche dei marines con le forze armate taiwanesi. Se una visita presidenziale costituisce un riconoscimento di fatto della sovranità del paese in cui si è ospiti, Pechino vede la visita di Pelosi, terza carica statunitense, come un tentativo di Washington di oltrepassare i contorni di quella linea rossa invalicabile. il presidente Xi Jinping ha inviato un chiaro messaggio al collega Joe Biden: “chi gioca col fuoco, finisce per bruciarsi”. La Cina tiene molto alta la tensione, ritenendo che solo aumentando la tensione sia possibile far ragionare tutti. Dal 4 agosto la Cina sta svolgendo una grande esercitazione militare con munizioni vere, cominciata non appena Pelosi ha lasciato l’isola. Il richiamo a Tucidide del presidente cinese Xi Jinping, suggerisce che molti ritengano il contesto internazionale attuale, nella sua essenza, non differente da quello di cui Tucidide scriveva, con la politica internazionale che sembra non cambiare mai.
di Daniele Leonardi
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Creato Lunedì, 16 Novembre 2020 15:53
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Ultima modifica il Lunedì, 16 Novembre 2020 16:16
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Pubblicato Lunedì, 16 Novembre 2020 15:53
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«I chose to say with my own body what the Arab leaders could not say. My body is a case of gunpowder that blows up enemies. To the Arab leaders who are watching, I say WAKE UP. Do your duty. It is shameful that Arab soldiers remain asleep while the daughters of Palestine fight. While they go towards their deaths». These are the last words of Ayat Akhras, taken from the traditional video-heading of the 16-year-old human-bomb, born and raised in the Dheisheh refugee camp in Bethlehem. It was recorded before being blown up in the name of the Alqsa Martyrs Brigades on 29 March 2002 in a supermarket on the outskirts of West Jerusalem. Ayat's mother says: «My little star was tender. She was very sweet. She was also always happy. And she was smart. She was one of the best at school. She never felt discouraged. She believed in the one God, Allah, like all of us. But she was modern. Only in public she used to cover her hair with the veil. Just like God wants. But she didn't wear the Jilbab . I didn't know about her contacts with the armed activists. If I'd known, I'd have locked her in the house. And we didn't even know that she had joined the Alqsa Brigades. But here everyone is fighting for our land. Oh, my daughter actually always had an interest in politics. And she cried a lot when she heard about Palestinians being killed by Israeli soldiers. But she was leading a normal life. She loved to study. She was in her high school and always said obsessively that she wanted to continue her studies. She dreamed of becoming a nurse or a journalist».
Another testimony is that of Reem al Rayashi:«Yes, yes, since I was 13 I've dreamed of becoming a martyr and dying for my people», says 20-year-old Reem at Rayashi in her video-heading. «I've always wanted to turn myself into mortal splinters against the Zionists and knock on the doors of Heaven with their skulls. I've always wanted to be the first woman to sacrifice herself in the name of Allah. And my joy will be complete when the parts of my body fly everywhere». Reem was hired by Hamas because she was an adulteress. And leaving her husband for another had stained herself with an unforgivable guilt for Islam. Only by martyrdom she could have regained her honour. On 14 January 2004 she exploded, killing 5 people and injuring 12.
«With this action I have decided to send the occupants the message that there is no security for the Jews on our land. To attack, according to God's will, the arrogants of the damn checkpoint and kill them». These are the words that the woman-lama left written in her spiritual will in a letter to her family. While in a second letter she asks her classmates not to forget at all to grow up, to educate their children in love with the Jihad. «Pray, pray, pray», concludes the text, «so that God will not fail to accept me as a martyr. Fight for the freedom of your country».
Imane and Sanae, 14-year-old Moroccan twins who were born together, decide to die together. And it is by martyrdom that they want to interrupt the life spent on the margins of society, to redeem the miserable existence with a striking gesture. As a kamikaze. «Because they have been too much fascinated by the attack of September 11th in the USA», say friends and acquaintances. Theirs is the classic profile typical of women-bombing: psychological graft poured into a mix of indoctrination and desire to clean up their image. In the neighborhood they are considered prostitutes, women who are now lost. To get by, they make do as they can. They ask for alms, they offer themselves. They don't have any real family behind them.
di Noemi Genova